Il pianto dei neonati è una sorta di linguaggio con cui i bimbi cercano di comunicare le proprie esigenze. Un linguaggio che cambia a seconda della lingua parlata dai genitori e che l’intelligenza artificiale potrebbe aiutarci a decodificare. Un importante passo in avanti verso il traduttore del “bambinese” arriva da uno studio dell’Istituto superiore di sanità (Iss), del Centro Nina per la formazione neonatale presso l’Università di Pisa e dell’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isti). I ricercatori, coordinati da Armando Cuttaro, Serena Bardelli e Gianpaolo Coro, hanno sviluppato un algoritmo di Intelligenza artificiale che potrebbe aiutare a comprendere e interpretare il pianto dei bambini. I primi risultati del loro lavoro sono stati descritti sulla pagine della rivista specializzata Neural computing & application.
Il pianto dei bebè, hanno spiegato gli esperti, nasconde moltissime sfumature, alcune delle quali non sono ancora state decifrate. “L’Intelligenza artificiale viene spesso impiegata per assistere i pediatri nella diagnosi precoce di malattie e patologie, ma i sistemi attuali non riescono a fornire informazioni in merito alla totalità dei toni del pianto. Un database completo richiederebbe infatti sforzi e investimenti lunghi e complessi da parte del personale e delle istituzioni di ricerca“, hanno aggiunto.
Studi precedenti sono giunti alla conclusione che i bimbi piangono in modo differente in base all’idioma di famiglia. Nel corso del progetto, avviato nel 2011 grazie ai fondi del ministero della Salute, i ricercatori hanno registrato il pianto di circa 20 neonati italiani, raccogliendo dati in diverse condizioni di stress per i più piccoli. Utilizzando campioni audio come set di addestramento dell’Intelligenza artificiale, gli scienziati sono riusciti a isolare dei marcatori che sembravano correlati a una maggiore probabilità di manifestare determinate esigenze.
“Speriamo di riuscire a migliorare la qualità della vita di bambini e genitori. Individuare i marcatori biologici rilevabili attraverso il pianto potrebbe facilitare la comprensione e la soddisfazione delle necessità dei bebè”, ha riferito Maria Luisa Scattoni, ricercatrice del dipartimento di biologia cellulare e neuroscienze dell’Iss.
Lo studio continua. Il team di ricerca nei prossimi mesi raccoglierà i vagiti di neonati stranieri per ampliare il database e il programma del software di Intelligenza artificiale.
“Generalmente si tende a ritenere casuali le vocalizzazioni dei bambini. Il nostro lavoro parte da un assunto diametralmente opposto, e cioè che le varie tipologie di pianto del bebè corrispondano a esigenze specifiche. Riuscire a classificare queste differenze potrebbe aiutarci a realizzare un traduttore automatico da implementare in un’applicazione”, ha concluso il coordinatore dello studio Cuttaro.
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