Un ceppo molto aggressivo dell’agente patogeno del vaiolo delle scimmie, la variante Clade I, ha acquisito un’elevata capacità di trasmettersi da uomo a uomo
Dopo che in Svezia è stato segnalato il primo caso in Europa della nuova variante di Mpox, nota anche come vaiolo delle scimmie, il direttore regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Hans Kluge, ha sollecitato i paesi europei a intensificare i controlli per individuare nuovi casi.
“Come abbiamo già evidenziato in passato, era solo una questione di tempo prima che la variante Mpox Clade I, apparentemente più grave rispetto a Clade II, venisse rilevata in altre regioni, considerato il nostro mondo interconnesso,” ha dichiarato Kluge. Egli ha invitato i paesi a fornire “consigli di salute pubblica” e a migliorare l’accesso ai vaccini e agli antivirali. “Infine, esorto i governi, le autorità sanitarie e il pubblico a non stigmatizzare o discriminare le persone o le comunità colpite dal vaiolo,” ha aggiunto.
“La situazione epidemiologica in Italia è attualmente sotto controllo, poiché non sono stati confermati casi della nuova variante (Clade I) di Mpox. I nostri uffici sono in continuo contatto con gli organismi internazionali per sviluppare misure condivise,” ha affermato Mara Campitiello, capo del Dipartimento della Prevenzione del Ministero della Salute.
“Sono stati attivati canali operativi con l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e l’Istituto Superiore di Sanità per pianificare strategie di contenimento del rischio in caso di variazioni nello scenario attuale; contemporaneamente, si sta potenziando la rete di sorveglianza diagnostica su tutto il territorio nazionale.
Vaiolo delle scimmie di che cosa si tratta?
La scorta nazionale di vaccini è attualmente sufficiente a soddisfare il fabbisogno, e stiamo preparando una nuova circolare informativa per le Regioni, con indicazioni per la popolazione e gli operatori impegnati nei siti di frontiera.”
“Inoltre,” ha concluso Campitiello, “si sta valutando l’istituzione di un tavolo interministeriale in collaborazione con i ministeri degli Esteri, dell’Economia e delle Finanze, degli Interni e dei Trasporti per concordare piani operativi volti a contrastare la diffusione del patogeno con un approccio strategico e organizzato.”
“È fondamentale potenziare i test diagnostici: attualmente, i test sierologici consentono di escludere l’infezione, ma abbiamo bisogno di test diretti per identificare l’infezione acuta,” avverte il professor Francesco Broccolo, microbiologo dell’Università del Salento.
A due giorni dalla dichiarazione di emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale (PHEIC) da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’allerta si è intensificata in tutto il mondo.
Il Pakistan ha segnalato tre nuovi casi di Mpox, mentre la Cina ha rafforzato i controlli su persone e merci che potrebbero essere state esposte al virus.
Il Mpox, malattia infettiva precedentemente nota come vaiolo delle scimmie, è stata identificata per la prima volta nell’uomo nella Repubblica Democratica del Congo nel 1970.
Esistono due sottotipi del virus: il Clade I e il Clade II. Il Clade I, più letale, è endemico da decenni nel bacino del Congo, in Africa centrale, mentre il Clade II, meno grave, è endemico in alcune parti dell’Africa occidentale.
Fino a pochi anni fa, le epidemie erano principalmente causate da persone che avevano contratto il virus da animali infetti, come roditori, spesso attraverso il consumo di carne di animali selvatici.
Il virus ha guadagnato attenzione globale nel maggio 2022, quando un nuovo ceppo meno letale, chiamato Clade IIb, si è diffuso in tutto il mondo, colpendo principalmente uomini gay e bisessuali. Nel luglio 2022, l’OMS ha dichiarato l’emergenza sanitaria pubblica internazionale, che è durata fino al maggio 2023.
I cambiamenti comportamentali all’interno di quella comunità, insieme alla vaccinazione, hanno contribuito a contenere il virus. Secondo l’OMS, tra gennaio 2022 e giugno 2024 sono stati registrati 208 decessi e più di 99.000 casi di Mpox in 116 Paesi. Sebbene i casi di quell’epidemia siano drasticamente diminuiti grazie alla campagna di vaccinazione, il virus rimane endemico nelle regioni dove i vaccini non sono disponibili.
Solo in Congo quest’anno sono stati segnalati oltre 15.600 casi e 537 decessi, superando il totale dello scorso anno. La maggior parte dei contagi nel Paese ha riguardato bambini sotto i 15 anni (56% dei casi e 79% dei decessi solo nel 2024), il che suggerisce che le modalità di trasmissione della malattia potrebbero essere cambiate.
Per questo motivo, Medici Senza Frontiere sta chiedendo con insistenza che i vaccini disponibili vengano indirizzati là dove sono più necessari, nella Repubblica Democratica del Congo.
A differenza dell’epidemia globale del 2022, l’ultima ondata è stata guidata dal Clade I, più letale, e dalla sua nuova variante mutata.
Il nuovo ceppo, denominato Clade Ib, è stato individuato per la prima volta tra prostitute nella remota città mineraria di Kamituga, nella provincia del Sud Kivu della Repubblica Democratica del Congo.
A differenza dei precedenti focolai nel Paese, il nuovo ceppo è stato in parte trasmesso per via sessuale, anche tra eterosessuali, come hanno spiegato i ricercatori. “Il nuovo ceppo è stato identificato nel 30% dei campioni prelevati da uomini dediti alla prostituzione e si ritiene che il serbatoio siano animali locali del Congo,” commenta il professor Francesco Broccolo.
È stata inoltre osservata una diffusione attraverso contatti non sessuali tra persone, compresi bambini che giocano insieme a scuola o genitori che tengono in braccio i figli.
Il fatto che il nuovo ceppo provochi una malattia più grave ha spinto l’OMS a lanciare l’allarme: i funzionari sperano di contenere l’epidemia prima che si diffonda in altri continenti.
Indipendentemente dal ceppo, il virus Mpox può diffondersi a chiunque attraverso contatti stretti, tra cui:
- Contatto diretto pelle a pelle con eruzioni cutanee causate da Mpox.
- Contatto con saliva, secrezioni delle vie respiratorie superiori (come muco) e fluidi corporei, o lesioni attorno all’ano, al retto o alla vagina di persone infette.
- Le donne incinte con Mpox possono trasmettere il virus al feto durante la gravidanza o al neonato durante o dopo il parto.
- Sesso orale, vaginale o anale.
- Abbracci, massaggi e baci.
- Contatto con oggetti, tessuti o superfici non disinfettati dopo l’uso da parte di persone affette da Mpox (come biancheria, asciugamani, superfici).
Il virus potrebbe anche trasmettersi tramite inalazione di aerosol durante contatti ravvicinati, sebbene questa forma di trasmissione sia attualmente considerata rara.
Secondo i CDC americani, alcune persone potrebbero diffondere il Mpox prima di sviluppare i sintomi, e il rischio persiste fino a quando l’eruzione cutanea non guarisce completamente e non si forma un nuovo strato di pelle. “Il nuovo ceppo, altamente virulento,” avverte Broccolo, “ha la capacità di trasmettersi non solo sessualmente attraverso rapporti anali, ma anche tramite superfici, infettando persino i bambini.”
I sintomi di Mpox tendono a comparire tra 6 e 13 giorni dopo l’infezione, sebbene possano impiegare fino a 21 giorni per manifestarsi.
I sintomi includono solitamente febbre, intenso mal di testa, dolori muscolari, mal di schiena e debolezza generale. I segni più comuni sono linfonodi ingrossati ed eruzioni o lesioni cutanee. L’eruzione cutanea appare solitamente entro tre giorni dalla comparsa della febbre.
Le lesioni possono essere piatte o leggermente rialzate, piene di liquido limpido o giallastro, e possono formare croste, seccarsi e cadere. L’eruzione tende a concentrarsi su viso, palmo delle mani e pianta dei piedi, ma può anche comparire nella bocca, nella zona perigenitale e sugli occhi.
I sintomi durano generalmente da 2 a 4 settimane e nella maggior parte dei casi scompaiono spontaneamente senza bisogno di trattamenti. Nei bambini piccoli, l’eruzione cutanea può essere spesso confusa con il morbillo o la varicella.
Come accennato in precedenza, la maggior parte delle infezioni da Mpox guarisce spontaneamente, senza necessità di trattamenti specifici, con sintomi che generalmente durano da due a quattro settimane.
Tuttavia, gli esperti sanitari consigliano comunque di trattare i sintomi per alleviare il dolore e prevenire possibili complicazioni. Alcuni trattamenti sviluppati per il vaiolo, un virus strettamente legato a Mpox, sembrano essere efficaci anche contro il vaiolo delle scimmie.
I farmaci antivirali come tecovirimat e cidofovir sono attualmente disponibili come opzione terapeutica per accelerare la guarigione, anche se la loro efficacia è ancora in fase di valutazione.
Secondo l’OMS, il Clade Ib ha un tasso di mortalità che varia tra il 3,6% e il 5%, con i neonati, i bambini e le persone con un sistema immunitario compromesso, compresi coloro che convivono con l’HIV non trattato, a essere particolarmente vulnerabili. Inoltre, il Clade Ib tende a causare malattie più gravi rispetto al Clade II. Tuttavia, i tassi di mortalità possono variare a seconda delle diverse epidemie.
Secondo i dati dell’OMS, nella prima metà di quest’anno sono stati segnalati più casi di Mpox rispetto all’intero 2023. Tra gennaio 2022 e il 4 agosto, sono stati registrati 38.465 casi di Mpox e 1.456 decessi in Africa. La maggior parte dei casi recenti si è verificata nella Repubblica Democratica del Congo.
Nell’ultimo mese, Burundi, Kenya, Ruanda e Uganda hanno riportato i loro primi casi di Mpox. Secondo l’OMS, il Clade Ib è stato identificato in tutti e quattro i Paesi, nessuno dei quali ha finora registrato decessi.
Secondo il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) e i CDC americani, attualmente non c’è un allarme globale e il rischio di diffusione dell’infezione in Europa e negli Stati Uniti è considerato molto basso. Tuttavia, ci sono alcune persone a rischio a cui potrebbe essere consigliata la vaccinazione.
“La precedente vaccinazione antivaiolosa non garantisce un’immunità sicura contro il virus Mpox, quindi chi è stato vaccinato ma è a rischio dovrebbe comunque sottoporsi alla vaccinazione,” ha dichiarato al Corriere il dottor Andrea Antinori, direttore del Dipartimento Clinico all’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani IRCCS di Roma. Attualmente, in base al protocollo adottato in Italia, chi ha già ricevuto una vaccinazione antivaiolosa può ricevere una sola dose di vaccino, mentre chi non è stato vaccinato in passato deve ricevere due dosi a distanza di un mese.