Tra le più grandi qualità degli antichi egizi c’è quella della loro incredibile abilità in campo medico rispetto ai tempi, visto che si sta parlando di quattro millenni fa. Anche perché all’epoca dei faraoni, la medicina veniva considerata una delle discipline più importanti. E gli antichi egizi erano in grado di identificare e (soprattutto) curare malattie e lesioni traumatiche, costruire protesi, inserire otturazioni dentali. Qualcosa di clamoroso, visto appunto che con la macchina del tempo si torna indietro di quattromila anni.
Tanto che le famiglie ricche e con un’ottima disponibilità economica dell’Asia Minore e delle sponde del Mediterraneo decidevano di risalire il Nilo e consultare i medici egizi, i più famosi in assoluto in quel periodo. Tutto questo è quello che emerge, come riporta il Corriere della Sera, dall’analisi, da parte di un team internazionale, di due teschi umani, vecchi di migliaia di anni, che hanno rivelato non poche sorprese.
“Vediamo che, sebbene gli antichi egizi fossero in grado di affrontare complesse fratture craniche, i tumori rappresentavano ancora una frontiera poco conosciuta”, ha spiegato Tatiana Tondini, ricercatrice all’Università di Tubinga, in Germania, tra gli autori dello studio pubblicato su Frontiers in Medicine. Però, ci sono poche tracce che documentano la chirurgia. Molti papiri riportano istruzioni su come trattare le diverse malattie, ma la tecnica chirurgica viene appena descritta. Per questo motivo, fino a un ventennio fa, gli archeologi avevano molti dubbi sul fatto che nell’antico Egitto venissero eseguiti interventi chirurgici rilevanti.
Una considerazione che è cambiata nel tempo con lo studio di mummie e scheletri. E un importante passo avanti è stato fatto nello studio dei tumori nell’antichità. “Questa scoperta è la prova di come l’antica medicina egizia avrebbe cercato di affrontare, o quanto meno comprendere i tumori oltre quattromila anni fa”, ha spiegato il professor Edgard Camaròs, paleopatologo dell’Università di Santiago di Compostela, primo autore dello studio.
In questi ultimi due decenni l’obiettivo dei ricercatori è spesso stato quello di riuscire a capire quanto fosse diffuso il cancro nell’antichità e come le società antiche interagissero con questa malattia. Il team di paleontologi ha esaminato due teschi conservati alla Duckworth Collection dell’Università di Cambridge. Come riporta sempre il Corriere della Sera, il primo cranio con la mandibola è datato tra il 2.687 e il 2.345 a.C. e apparteneva a un uomo tra i 30 e i 35 anni. Il secondo cranio, datato tra il 663 e il 343 a.C. e apparteneva a una donna sopra i 50 anni. Ecco che l’analisi al microscopio del cranio maschile ha mostrato una lesione di grandi dimensioni compatibile con un’ampia distruzione dei tessuti, condizione nota come neoplasia.
Non solo. Perché sul cranio erano visibili all’incirca una trentina di lesioni metastatiche piccole e rotonde. Quello che più ha stupito i ricercatori è stata la scoperta di segni di tagli intorno a queste lesioni, probabilmente realizzate con uno strumento metallico appuntito. “Non potevamo credere a quello che avevamo di fronte la prima volta che abbiamo visto quei tagli”, ha aggiunto Tondini. Così, invece, il professor Albert Isidro, chirurgo oncologo all’ospedale universitario Sagrat Cor di Barcellona e specializzato in Egittologia: “Sembra che gli antichi egizi eseguissero una sorta di intervento chirurgico legato alla presenza di cellule cancerose, dimostrando che l’antica medicina egiziana conduceva anche trattamenti sperimentali, o quanto meno indagini mediche in relazione al cancro”.
E il cranio della donna che informazioni ha dato? Mostra una grande lesione compatibile con un tumore che ha portato alla distruzione dell’osso. Sul cranio sono presenti due ferite di origine traumatica guarite. Una di queste lesioni sembra aver avuto origine da un evento violento a distanza ravvicinata, pare con un’arma affilata. Secondo i ricercatori queste lesioni guarite potrebbero significare che la donna ha forse ricevuto qualche tipo di trattamento in seguito al quale è sopravvissuta. Questo genere di ferite su una donna è molto raro: in genere sono più frequenti negli uomini con un ruolo attivo nella guerra. Chissà se nell’antichità anche le donne avessero un ruolo significativo nei conflitti, come si è chiesto Tondini.
Queste evidenze confermano come i tumori fossero una malattia conosciuta anche nell’antichità. Nell’epoca nella quale viviamo queste patologie sono più frequenti per uno stile di vita più sedentario, l’invecchiamento e le sostanze cancerogene presenti nell’ambiente rendono la patologia più frequente. C’è da fare, però, una considerazione importante: gli scienziati hanno sottolineato come lo studio dei resti scheletrici comporti sfide che rendono difficili affermazioni definitive.
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