Migliaia di bambini e adolescenti, circa 41.000 ogni anno, sono costretti a migrare dal sud al nord d’Italia per essere curati. È questa la drammatica statistica che sottolinea l’ampio divario in ambito medico, soprattutto per quanto riguarda i disturbi mentali, neurologici, oltre a quelli della nutrizione e del metabolismo, tra le strutture del Belpaese, con i più giovani a esserne maggiormente colpiti. I numeri inquadrano bene il fenomeno, con una situazione che non sembra migliorare nel corso degli anni, e che sottolinea come le strutture meridionali siano ancora qualitativamente e quantitativamente inferiori.
Dai tempi dell’unità d’Italia, nella seconda metà del 1800, la migrazione dal sud al nord del Belpaese è sempre stata costante, continua nel tempo fino a diventare effettivamente di massa al termine della Seconda guerra mondiale. Anche per quanto riguarda la mobilità sanitaria, la problematica si acuisce principalmente nel dopoguerra, quando, all’interno di un sistema sanitario al collasso e con la salute degli italiani senza tutele e garanzie, si è sviluppata una forte migrazione dal Sud dove anche la ricostruzione delle infrastrutture è stata lenta e inefficace. Nonostante i tentativi attuati dai governi nel corso degli anni, come la riforma sanitaria del ’79, e l’introduzione dei LEA (livelli essenziali di assistenza), la situazione ad oggi è ancora drammaticamente quella di una forte disparità tra le regioni del sud e quelle del centro-nord.
I numeri sono sicuramente emblematici della situazione, considerando che nel 2020 il totale dei ricoveri effettuati fuori dalla regione di residenza è stato di più di mezzo milione (516.875), particolarmente sviluppata per i residenti del Molise (28,1%) e della Basilicata (25%). Andando più nello specifico, è emerso come un terzo dei minorenni con problemi mentali, del metabolismo o della nutrizione, si mette in viaggio dal sud (circa il 10%) per le cure, con destinazioni principali Roma, Genova o Firenze. In questi dati è bene sottolineare come sicuramente alcune di queste ospedalizzazioni sono comunque attribuibili a casualità, come ad esempio nel caso di vacanze, ma i numeri restano comunque alti e preoccupanti.
Quali potrebbero essere quindi le soluzioni per limitare la migrazione di tante persone? La necessità è sicuramente quella di potenziare strutturalmente e qualitativamente i centri già esistenti al sud, con la creazione di una rete che costituisca una risposta adeguata per i pazienti. Attualmente, tuttavia, rimane uno sbilanciamento evidente nella distribuzione di risorse tra nord e sud, soprattutto per quanto riguarda strutture pediatriche polispecialistiche al di sotto del Lazio, con le famiglie dei più giovani costrette a migrare per trovare cure adeguate.
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