Non è possibile identificare una singola causa del tumore allo stomaco, l’adenocarcinoma gastrico. Si sa che è provocato da una massa di cellule in crescita incontrollata che si origina, nella maggior parte dei casi, dal rivestimento interno dell’organo, la mucosa. In primis, lo stomaco è un organo dell’apparato digerente che svolge la seconda fase della digestione, quella successiva alla masticazione. Nello stomaco il cibo viene processato prima che esso arrivi all’intestino dove saranno assorbite le sostanze nutritive ed eliminate quelle di scarto. Si tratta di uno dei tumori più comuni al mondo: in Italia si stima che ogni anno vengano diagnosticati 8.400 tumori allo stomaco nei maschi e 6.100 nelle femmine, cifre che risentono del miglioramento nella diagnosi di alcuni fattori di rischio come l’infezione da Helicobacter pylori e del riconoscimento di fattori di rischio dietetici e ambientali (ad esempio, il fumo di sigaretta).
Tipologie
Questo tumore si dice prossimale, se è più vicino all’esofago, o distale, se è più vicino al piloro o al duodeno. Il tumore della regione denominata antro è il più comune (si parla del 50% di tutti i tumori dello stomaco). Quello di tipo intestinale è il più frequente, colpisce in prevalenza il sesso maschile e si associa alla trasformazione dell’epitelio gastrico in epitelio intestinale (metaplasia intestinale). La principale caratteristica istologica di questo tumore è la presenza di cellule con una morfologia particolare, simile a un anello con una gemma incastonata. Inoltre, la diffusione del cancro gastrico può avvenire in diversi modi: per via diretta all’esofago e al peritoneo, per via linfatica ai linfonodi e per via ematica, dando metastasi al fegato, alle ossa, ai polmoni o alle ovaie. Tra i fattori di rischio, l’alimentazione ha un ruolo importante, ma va ben ricordato che non è stata dimostrata scientificamente una diretta correlazione tra fattori di rischio alimentari e la patologia.
Il ruolo dell’Helicobacter pylori
Un ruolo accertato nella genesi di questa patologia tumorale è dato dall’Helicobacter pylori, un batterio che riesce a sopravvivere nello stomaco, nonostante il pH molto acido di questo ambiente. Esiste poi una predisposizione familiare che contribuisce alla genesi della malattia: alterazioni a carico di alcuni geni (tra i quali p53 e APC) sono causa dell’insorgenza di tumori in diversi organi, tra i quali lo stomaco (si parla, in questi casi, di sindrome di Lynch di tipo II). Altri fattori da ricordare, classificati come predisponenti, sono l’Aids, l’ulcera peptica, il diabete mellito e la presenza di metaplasia intestinale.
I sintomi
I sintomi del tumore allo stomaco sono inizialmente molto aspecifici e possono essere confusi con quelli di una gastrite o di un’ulcera peptica. La principale sintomatologia è data da dispepsia, dolore o bruciore di stomaco, difficoltà alla digestione, sensazione di pienezza o gonfiore dopo un piccolo pasto, nausea o vomito (anche ematico), presenza di sangue nelle feci, difficoltà alla deglutizione e importante calo ponderale. Se fossero presenti questi ultimi sintomi la patologia potrebbe essere avanzata e aver coinvolto organi bersaglio.
Come si cura
Se in fase iniziale esiste la possibilità di asportarlo endoscopicamente con una procedura denominata dissezione sottomucosa che, se eseguita radicalmente, non richiede ulteriori terapie. Per le fasi iniziali di malattia la chirurgia è il trattamento di prima scelta e l’intervento prevede l’asportazione di tutto lo stomaco o di una parte di esso. La gastrectomia parziale elimina solo quella parte dello stomaco che contiene il tumore e parti di altri tessuti e organi vicini alla sede del tumore. Solitamente è indicata in neoplasie distali (ad esempio del piloro). Vengono asportati inoltre i linfonodi locoregionali e a distanza e se necessario anche la milza (situata nell’addome superiore in ipocondrio sinistro, è l’organo che filtra il sangue ed elimina le cellule vecchie). La gastrectomia totale elimina per intero lo stomaco, una piccola parte dell’esofago, i linfonodi vicini e a distanza. Il paziente è comunque in grado di mangiare perché l’intervento prevede la connessione, mediante una cucitura denominata anastomosi, dell’esofago o dello stomaco residuo al piccolo intestino.