In Kansas gli esperti hanno lanciato l’allarme per la più grande epidemia di tubercolosi degli USA dal 1950. Vediamo tutto ciò che c’è da sapere a riguardo
Il Kansas sta fronteggiando un’ondata di tubercolosi di portata eccezionale, con 67 casi attivi confermati dall’inizio dell’anno. Oltre a questi, sono state individuate 79 infezioni latenti. Secondo i Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CDC), si tratta di una delle più estese epidemie di tubercolosi registrate negli Stati Uniti dal 1950, anno in cui l’ente sanitario ha iniziato a monitorare e documentare la diffusione della malattia. Nel 2024, secondo quanto riportato da ABC citando i dati dei CDC, sono stati segnalati oltre 8.700 casi di tubercolosi negli USA. Sebbene il numero complessivo sia in diminuzione dalla metà degli anni ‘90, si è osservata una ripresa dei contagi nel 2021, 2022 e 2023. Ma che cos’è esattamente la tubercolosi?
La tubercolosi è un’infezione provocata dal batterio Mycobacterium tuberculosis, che si diffonde attraverso le particelle di saliva sospese nell’aria. Una diagnosi tempestiva è fondamentale per limitare la propagazione del microrganismo e individuare rapidamente le terapie più efficaci per contrastarlo. Il contagio avviene per via aerea, quando una persona infetta emette goccioline respiratorie tramite tosse o starnuti. La malattia, però, non si manifesta necessariamente subito: il sistema immunitario può tenere il batterio in uno stato latente per anni, finché un indebolimento delle difese dell’organismo ne favorisce la proliferazione. Si stima, tuttavia, che solo il 10-15% degli individui contagiati sviluppi la forma attiva della patologia.
L’infezione è provocata, come abbiamo detto, dal batterio Mycobacterium tuberculosis, in particolare da due delle cinque varianti conosciute: quella che colpisce gli esseri umani e quella di origine bovina.
La forma più comune di tubercolosi è quella che colpisce i polmoni, anche se l’infezione può coinvolgere diversi organi. Quando interessa altre parti del corpo, viene definita tubercolosi extrapolmonare.
Questa tipologia si manifesta principalmente con sintomi a carico dell’apparato respiratorio. Tra i segnali più comuni vi è la tosse, inizialmente secca, che può persistere per diverse settimane. Se la malattia non viene trattata, possono comparire anche:
Altri sintomi frequenti della tubercolosi includono:
Quando i batteri della tubercolosi si diffondono attraverso il sangue e il sistema linfatico, possono localizzarsi in diversi organi, dando origine a forme extrapolmonari con sintomi specifici a seconda della sede colpita. Le aree più frequentemente interessate sono:
Una forma più rara e severa è la tubercolosi miliare, che rappresenta circa il 10% delle forme extrapolmonari e colpisce simultaneamente diversi organi dell’organismo.
Si stima che circa il 90% delle persone infette dal Mycobacterium tuberculosis non svilupperà mai la malattia. In questi casi, l’organismo riesce a tenere sotto controllo il batterio senza necessità di cure specifiche. Tuttavia, nel restante 10% dei casi, l’infezione evolve in tubercolosi attiva, caratterizzata da sintomi anche gravi.
Per questo motivo si distingue tra:
Tra i segni più comuni della tubercolosi attiva, oltre alla perdita di peso repentina e senza causa apparente, si possono riscontrare:
Se la tubercolosi interessa i polmoni, i sintomi più evidenti includono una tosse persistente per settimane, che può essere accompagnata da sangue nell’espettorato (emottisi) e dolore toracico durante la respirazione o la tosse.
Se i batteri della tubercolosi entrano nel flusso sanguigno, l’infezione può diffondersi ad altri organi, come reni, sistema linfatico, apparato genito-urinario, colonna vertebrale, cervello e pelle. I sintomi variano in base all’area colpita: ad esempio, la tubercolosi spinale causa dolori alla schiena, mentre quella renale può provocare sangue nelle urine (ematuria). La forma extrapolmonare è più comune nei bambini e nelle persone con un sistema immunitario indebolito.
Se non trattata, la malattia può risultare fatale. Inizialmente colpisce i polmoni, ma può estendersi ad altri distretti corporei, causando complicanze come danni polmonari irreversibili, dolori ossei, meningite e, nei casi più gravi, la tubercolosi miliare, che si diffonde in tutto l’organismo.
Il trattamento della tubercolosi richiede l’assunzione di farmaci per lunghi periodi, variabili tra 6 e 18-34 mesi. Tuttavia, grazie alla Terapia Osservata Direttamente (Directly Observed Therapy, DOT), in cui gli operatori sanitari verificano che il paziente segua correttamente la cura, la durata può essere ridotta a 6-8 mesi, limitando anche il rischio di sviluppare resistenze agli antibiotici.
I farmaci più comuni per combattere la tubercolosi includono isoniazide, rifampicina, streptomicina, pirazinamide ed etambutolo. Esiste però una variante resistente ai due principali antibiotici, isoniazide e rifampicina, nota come tubercolosi multifarmaco-resistente (MDR-TB).
Durante il trattamento, sono necessari esami di controllo per monitorare l’andamento della malattia. Nei casi più complessi o gravi, il ricovero ospedaliero può essere indispensabile per avviare la terapia in un ambiente controllato.
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