Può l’intonazione della voce essere influenzata dai geni? A quanto pare sì. A dirlo è un nuovo studio pubblicato su Science Advances, guidato da deCODE genetics, una filiale di Amgen, leader mondiale nelle biotecnologie. In una sequenza nel gene ABCC9, infatti, sono state scoperte alcune varianti genetiche del linguaggio che, a quanto pare, riescono a condizionare il tono della voce.
Ma com’è possibile ciò? Come risaputo, parlare è un gesto naturale: fin dalla nascita emettiamo dei suoni che, se pur non riusciamo a ‘mettere in fila’ per organizzare un discorso perché ancora troppo piccoli, vogliono comunicare qualcosa. Parlare è, dunque, caratteristico dell’uomo. Tuttavia, non si conoscono ancora appieno le basi genetiche della voce e del linguaggio.
Come sono potuti arrivare a questi risultati i ricercatori? Combinando quasi 13mila registrazioni vocali di individui islandesi con i dati della sequenza del genoma, col fine di cercare varianti comuni in ABCC9 che, tendenzialmente, vengono associate a una voce più acuta.
Effettivamente dallo studio – il primo di questo tipo – è emerso che le varianti di ABCC9, sia negli uomini che nelle donne, sono associate ad una vocalità più alta. Ma non solo. Lo studio ha permesso di evidenziare alcune correlazioni tra alcuni fattori legati alla salute e l’intonazione della voce, tra cui figurano il rischio cardiovascolare, e un aumento della pressione del polso. La ricerca si è però focalizzata anche sull’acustica delle vocali, e sulla loro genetica. Nel concreto, alcuni suoni sono strettamente influenzati sia dal contesto, che dalla cultura, come ‘ah’, o ‘ee’. Tuttavia, questi suoni vengono anche ‘ereditati’: quest’aspetto può essere legato sia alla forma stessa del tratto vocale, che all’effetto che questo dona ai suoni stessi.
Risultati strabilianti, che potrebbero portare non solo a comprendere meglio una parte ancora poco conosciuta del sistema umano legata alla voce, ma anche sulla diversità di questa e, di conseguenza, sulla diversità del linguaggio.
Legato al suono c’è, ovviamente, l’udito. Si fanno ogni giorni più forti gli allarmi di esperti e scienziati che avvertono che, in futuro, saranno sempre di più i problemi legati all’ipoacusia. Come emerso nell’ultima edizione del Congresso nazionale Sio – Società italiana di otorinolaringoiatria e chirurgia cervico-facciale, tenutasi a Milano a fine maggio 2023, da qui al 2050 una persona su quattro soffrirà di ipoacusia. Oggi, a risentire di questa condizione, è una persona su cinque.
Col fine di intervenire il prima possibile, e mettere un freno al problema, è stato promosso un ‘Patto intersocietario per la cura delle malattie dell’orecchio e dei conseguenti disturbi uditivi’, condiviso da esperti del settore e società mediche coinvolte.
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