A esserne più colpiti facilmente sono gli atleti che continuano l’attività dopo l’agonismo giovanile o che, una volta interrotta la pratica sportiva, la riprendono in età avanzata
Esiste, ma pochi la conoscono, la sindrome di Highlander, o dell’immortalità, riprendendo il titolo del celebre film degli anni ‘80 che decantava le gesta di un immortale. Quello con Christopher Lambert, “L’ultimo Immortale”, del 1986. A soffrirne sono diversi over 40 che conservano una spiccata tendenza di competizione, autostima e sensazione di benessere. Da questo si capisce che a esserne più colpiti facilmente sono gli atleti che continuano l’attività dopo l’agonismo giovanile o che, una volta interrotta la pratica sportiva, la riprendono in età avanzata. Chi sta pensando a Francesco Totti, ex capitano della Roma e campione del Mondo a Germania 2006 con la Nazionale di Marcello Lippi, non sbaglia. Ne vengono colpiti anche i sedentari che pretendono di diventare atleti in età matura o avanzata.
Negli individui colpiti da questa sindrome si creano sia la convinzione che l’esercizio fisico possa preservare da qualsiasi stato patologico, sia la tendenza a minimizzare sintomi e fattori di rischio pregressi o attuali. In sostanza, alcune persone desiderano tornare (e c’è chi torna sul serio) all0attività sportiva dopo un lungo periodo di inattività o di attività fisica saltuaria, spinti dal forte desiderio di tornare ad una miglior performance fisica o di eguagliare le prestazioni sportive espresse in età giovanile.
È difficile spiegare loro che il fisico da 30enni non tornerà più. Tutto questo sia dal punto di vista estetico e dal punto di vista funzionale. Questo perché, per dirla in breve, a partire dai 40, l’organismo si avvia verso un invecchiamento cellulare e organico, si assiste ad alterazioni del tessuto connettivo, a una progressiva riduzione delle fibre muscolari e a un irrigidimento delle articolazioni.
A Gazzetta Active il chinesiologo, e professore in scienze motorie, Simone Pelligra identifica gli highlander così: “Spesso sono convinti che l’esercizio fisico preservi da qualsiasi stato patologico. Al contrario, le conseguenze di un accanimento sportivo possono essere serie, soprattutto se viene messa da parte la prevenzione. Mi riferisco al caso di cardiopatie o preesistenti patologie al sistema scheletrico”.
Quindi, cosa fare? Tenere a mente queste parole: se l’accanimento nuoce in giovane età, dopo i 40 anni è rischioso. Ed ecco allora i consigli del chinesiologo: “lasciar perdere innanzitutto gli sport di contatto e prediligere quelli individuali, supportati dalla preparazione atletica in sala pesi. Evitare prodezze entusiastiche con scatti improvvisi. Rinunciare ad allenarsi nelle ore più calde, sotto il sole. Rispettare la gradualità dell’allenamento e riservarsi tempi più distesi per il recupero”.
Infine: “È tassativo farsi seguire da una figura professionale, non improvvisare con il fai da te e non affidarsi a tutorial on line. È importante poter contare nel tempo su un professionista del settore che conosca i punti fragili del vostro corpo per stilare e variare l’allenamento ritagliandolo ad hoc. L’attività sportiva, come la medicina, ha in sé i rischi del sovradosaggio”.
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