Sindrome della fermentazione intestinale: può provocare intossicazione da alcol senza aver bevuto

Ci si può sentire ubriachi senza esserlo? Sì. Questo succede a chi soffre della auto-brewery syndrome (Abs), o sindrome della fermentazione intestinale, una malattia rara caratterizzata da livelli elevati di etanolo nel sangue a fronte di un consumo minimo o nullo di bevande alcoliche. Come riporta il Corriere della Sera, un caso specifico di questa condizione, in cui i funghi intestinali producono alcol attraverso la fermentazione, è descritto sul Canadian Medical Association Journal da medici dell’Università di Toronto.

Medici
Medici | pixabay @DarkoStojanovic

Viene raccontata la storia di una donna di 50 anni, che si è rivolta al Pronto soccorso per ben sette volte in due anni con i sintomi tipici della sbornia senza che avesse bevuto un goccio di alcol. La paziente, completamente astemia da anni, presentava elevati livelli di etanolo nel sangue e alito alcolico. Ai medici ha detto di aver sofferto, nei cinque anni precedenti, di infezioni ricorrenti delle vie urinarie (trattate con antibiotici) e di reflusso gastroesofageo, trattato con farmaci inibitori della pompa protonica.

La situazione della paziente

Come detto, la donna aveva un livello altissimo di etanolo nel sangue: 285 milligrammi per decilitro (in Italia il valore limite di alcolemia stabilito per la guida è di 50 mg/dl). Solo a quel punto i medici hanno ipotizzato una auto-brewery syndrome, prescrivendo il fluconazolo, un farmaco antimicotico. La sindrome è altamente invalidante: dopo ogni visita al Pronto soccorso, la paziente non poteva lavorare per una o due settimane a causa della persistente sonnolenza, che le toglieva anche l’appetito. Da qui la decisione di una visita da un dietologo, che le ha consigliato un regime alimentare a basso contenuto di carboidrati. Dopo un mese di terapia, i sintomi si sono risolti e sono rimasti assenti per quattro mesi. Quando, però, la donna ha iniziato ad aumentare l’assunzione di carboidrati, si è verificata una recidiva. Ha ripreso quindi il fluconazolo e ridotto i carboidrati, fino alla risoluzione dei sintomi.

La disbiosi intestinale

La sindrome della fermentazione intestinale è stata descritta per la prima volta nel 1952 in Giappone. Si ritiene che compaia quando alcuni particolari microrganismi, in grado di fermentare l’alcol dai carboidrati, riescono a imporsi sulla flora intestinale sana. È una condizione molto rara, ma patologie come il diabete, le malattie del fegato, i disturbi della dismotilità intestinale e le malattie infiammatorie intestinali possono favorirla, attraverso meccanismi che contribuiscono ad aumentare i livelli di glucosio nel sangue e ridurre il metabolismo dell’etanolo. Tornando alla paziente curata a Toronto, i medici hanno ipotizzato che l’uso ricorrente di antibiotici e inibitori della pompa protonica potessero aver prodotto una disbiosi intestinale che ha poi condotto al fenomeno della fermentazione.

Dottore
Dottore | pixabay @tomwieden

Non è chiaro se anche i batteri abbiano un ruolo, ma secondo un recente studio anche Klebsiella pneumoniae sarebbe responsabile del disturbo. Il farmaco più utilizzato è il fluconazolo, efficace contro S. cerevisiae e C. albicans, abbinato a una dieta low carb. I probiotici sono utili nel reintegrare i batteri “buoni” intestinali, in grado di contrastare i funghi. “La sindrome comporta notevoli conseguenze sociali, legali e mediche per i pazienti e i loro cari”, ha scritto Rahel Zewude dell’Università di Toronto, tra gli autori dello studio.

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