La sindrome da stanchezza cronica (Cronic Fatigue Syndrome), nota anche come encefalomielite mialgica, è una malattia complessa che si manifesta con grave affaticamento, disturbi del sonno, disfunzioni del sistema nervoso autonomo, dolore e altri sintomi che solitamente si acutizzano con ogni tipo di sforzo. Questa condizione è un disturbo complesso, caratterizzato da una sensazione di stanchezza costante senza cause evidenti. Le persone colpite non presentano alcuna condizione patologica specifica e non traggono beneficio dal riposo. Ma vediamo tutto quello che c’è da sapere a proposito.
La sindrome da stanchezza cronica, conosciuta anche come encefalomielite mialgica, è una malattia di recente definizione e difficile da diagnosticare; il sintomo predominante, spesso sottovalutato, è una stanchezza persistente che, insieme ad altri disturbi molto variabili per gravità e intensità, può essere estremamente invalidante. Questo disturbo tende a manifestarsi tra i 20 e i 40 anni, ma può colpire anche bambini e adolescenti, ed è più comune nelle donne.
L’affaticamento può assumere diverse forme. Quella acuta è un meccanismo fisiologico di difesa dell’organismo contro lo stress; è solitamente legato a una causa singola e si risolve con il riposo o cambiamenti nello stile di vita (come dieta, esercizio fisico, gestione dello stress, ecc.).
La stanchezza cronica, invece, è considerata un segno di adattamento scorretto ed è tipico di persone con altre malattie croniche come la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, alcuni disturbi psichiatrici, l’ictus e i tumori.
Nonostante siano stati condotti numerosi studi sull’argomento, gli studiosi non sono ancora riusciti a individuare le precise ragioni alla base della sindrome da fatica persistente. Le diverse teorie sin qui avanzate hanno considerato:
La sindrome della stanchezza cronica si caratterizza per una persistente sensazione di affaticamento, accompagnata da una serie di disturbi cronici secondari che ricordano in alcuni aspetti i sintomi dell’influenza. Queste manifestazioni patologiche possono essere riassunte in otto punti distinti:
Data la natura dei sintomi, la sindrome da stanchezza cronica potrebbe essere confusa con condizioni patologiche più gravi e potenzialmente pericolose, tra cui:
Di conseguenza, se persiste una sensazione di stanchezza prolungata e non c’è miglioramento anche dopo un adeguato periodo di riposo, è consigliabile consultare tempestivamente il proprio medico.
Attualmente non esistono marcatori biologici o test di laboratorio in grado di identificare con precisione la sindrome da stanchezza cronica. Di conseguenza, la diagnosi si basa principalmente sull’analisi dei sintomi riportati dal paziente e sull’esclusione di altre condizioni che potrebbero manifestarsi con sintomi simili.
Tuttavia, recentemente vi sono state interessanti scoperte: uno studio condotto presso la Cornell University e pubblicato sulla rivista scientifica Microbiome ha individuato alcuni marcatori biologici associati alla malattia, derivanti dai batteri presenti nel microbiota intestinale. Inoltre, si è osservato un aumento dei livelli di agenti infiammatori di origine microbica nel sangue e nelle urine, tra cui l’I-FABP (intestinal fatty acid-binding protein), il LPS (lipopolysaccharide), il LPS-binding protein, il sCD14 (soluble CD14) e la proteina C reattiva.
Inoltre, l’analisi del DNA presente nelle feci ha rivelato significative differenze nella composizione del microbiota intestinale tra i pazienti affetti dalla sindrome da stanchezza cronica e i soggetti sani. In particolare, si è notata una riduzione nel numero totale di specie batteriche e una diminuzione della quantità e varietà dei batteri appartenenti alla famiglia “firmicutes”, insieme a un aumento dei microrganismi con attività pro-infiammatoria.
Sebbene non sia ancora chiaro se l’alterazione del microbiota intestinale sia una causa o una conseguenza della malattia, è plausibile ipotizzare che possa contribuire, almeno in parte, alla comparsa della sindrome o ai suoi sintomi, in quanto può danneggiare l’epitelio intestinale e compromettere la sua permeabilità, causando processi infiammatori sistemici. Di conseguenza, l’analisi di campioni di feci, sangue e urine potrebbe consentire una diagnosi più accurata della sindrome da stanchezza cronica in un alto numero di pazienti.
Al momento, non esiste una cura specifica che possa eliminare completamente la sindrome da stanchezza cronica. Tuttavia, sono disponibili diverse terapie e strategie volte a mitigare i sintomi. C’è stato un lungo dibattito sull’efficacia di tali trattamenti, poiché non tutti i pazienti ne beneficiano allo stesso modo e in alcuni casi si può addirittura assistere a un’aggravamento dei sintomi.
La terapia cognitivo-comportamentale mira a far comprendere al paziente la propria condizione e ad affrontare i sintomi in modo gestibile. Sebbene tradizionalmente utilizzata per disturbi mentali, è stata dimostrata efficace anche nella sindrome da stanchezza cronica. Alcuni pazienti con encefalomielite mialgica trattati con questa terapia hanno dimostrato di saper gestire i sintomi in modo più efficace, ma è importante sottolineare che ci sono stati casi in cui la sintomatologia è peggiorata anziché migliorare.
La terapia basata sull’esercizio graduale prevede un aumento progressivo dell’attività fisica in termini di intensità e durata. L’esercizio inizia con sessioni brevi e poco intense, aumentando gradualmente nel corso delle settimane. È fondamentale aumentare l’esercizio in piccole dosi per evitare effetti avversi. Le attività consigliate includono nuoto, camminata e jogging.
L’esperienza della sindrome da stanchezza cronica potrebbe condurre all’isolamento sociale e alla depressione. In casi simili, il medico potrebbe considerare la prescrizione di farmaci antidepressivi, come ad esempio l’amitriptilina (un antidepressivo triciclico).
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