Il fiato corto, noto anche come dispnea, è un sintomo che segnala una percezione soggettiva di difficoltà nella respirazione. Questa condizione può manifestarsi in forma acuta, con una durata che varia da pochi istanti a alcune ore, oppure in forma cronica, persistente per almeno un mese. Le cause del fiato corto possono derivare da problemi cardiaci, polmonari o essere di altra origine. Tra le cause più comuni di dispnea vi sono le crisi d’asma, la polmonite, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e l’infarto miocardico.
Il fiato corto può insorgere in modo repentino in diverse situazioni, come nel caso di un pneumotorace, un’embolia polmonare o lesioni causate da traumi toracici e fratture costali. Può anche scaturire improvvisamente in risposta a stimoli specifici, come allergeni, infezioni delle vie respiratorie, esposizione al freddo o sforzo fisico, o a sostanze tossiche inalate, come il cloro o l’acido solfidrico.
La dispnea può comparire in vari contesti, come l’edema polmonare, l’angina o la coronaropatia, il versamento o il tamponamento pericardico e persino a causa di una paralisi del diaframma. Inoltre, episodi acuti di difficoltà respiratoria possono essere collegati a disturbi psicologici come l’ansia, la depressione e gli attacchi di panico.
Nel caso di difficoltà respiratorie croniche, l’insufficienza cardiaca rappresenta una delle cause principali. Altri disturbi come bronchiti, enfisema, fibrosi cistica, pneumopatie interstiziali e tumori polmonari, sia primitivi che metastatici, possono anch’essi provocare la manifestazione di fiato corto.
La mancanza di fiato può derivare anche da una serie di altri disordini e condizioni. Queste includono disordini metabolici, obesità, ipertiroidismo, aritmie cardiache, neuromiopatie come la sclerosi laterale amiotrofica, la miastenia gravis e lesioni del midollo spinale. Inalare corpi estranei, l’anemia e il decondizionamento fisico (una condizione in cui la dispnea si verifica durante lo sforzo in individui che conducono uno stile di vita sedentario) possono anch’essi contribuire alla manifestazione della difficoltà respiratoria.
Ma quali sono le possibili cause? Le difficoltà respiratorie possono manifestarsi in associazione con una vasta gamma di malattie cardiopolmonari, sia acute che croniche. Tra le cause polmonari più comuni di queste difficoltà troviamo l’ostruzione bronchiale legata a un attacco d’asma, il pneumotorace, le polmoniti e l’embolia polmonare, una delle condizioni più gravi. In molti casi, la dispnea cronica è il risultato di malattie respiratorie croniche, tra cui la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), l’enfisema polmonare, l’asma, le malattie interstiziali, le affezioni della pleura e persino l’ipertensione polmonare, che coinvolge i vasi polmonari.
Le malattie cardiovascolari possono anche essere associate a difficoltà respiratorie, sebbene meno frequentemente. Inoltre, la mancanza di respiro può essere un segnale di altre malattie come l’anemia, le neuromiopatie come la miastenia e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), l’ipertiroidismo e l’obesità.
Cosa deve fare il medico nel caso in cui un paziente soffra di dispnea? L’ascolto attento di come il paziente descrive la sua condizione è cruciale nell’orientare la diagnosi. Espressioni come “mi manca il respiro”, “mi sento soffocare”, “non riesco a respirare profondamente” o “il mio respiro è diventato pesante” possono fornire preziosi indizi per la valutazione medica. Ad esempio, il riferimento a un respiro pesante potrebbe suggerire una sensazione di costrizione toracica associata all’asma.
È altrettanto importante determinare se e quanto l’ansia possa influenzare la difficoltà respiratoria. La presenza di altri sintomi, come dolore al torace, palpitazioni, febbre, stanchezza o infezioni respiratorie, può fornire ulteriori informazioni rilevanti.
Dopo una valutazione iniziale del paziente, vengono eseguiti accertamenti mirati, tra cui esami del sangue per identificare eventuali condizioni come anemia o ipertiroidismo, una spirometria per diagnosticare problemi respiratori come l’asma e la BPCO, una lastra del torace per individuare patologie polmonari, nonché un elettrocardiogramma e un ecocardiogramma se ci sono sospetti relativi a problemi cardiovascolari. Questo approccio completo contribuisce a stabilire una diagnosi accurata e a guidare il trattamento adeguato.
Il trattamento della dispnea varia notevolmente a seconda delle cause sottostanti. In alcune situazioni, la terapia farmacologica può essere efficace e risolutiva, ad esempio nel caso delle polmoniti. In altri casi, come nell’asma, la cooperazione attiva del paziente nel seguire regolarmente le cure è fondamentale per ottenere risultati duraturi e positivi nel lungo periodo.
Attualmente, è importante considerare anche il COVID-19 tra le possibili cause di dispnea. In molti casi, i pazienti colpiti dal Coronavirus possono manifestare un fenomeno noto come “happy hypoxia,” ossia una situazione in cui non percepiscono adeguatamente la gravità dei loro sintomi o dell’insufficienza respiratoria che stanno vivendo. L’utilizzo di un saturimetro, anche a domicilio, può essere estremamente utile per monitorare oggettivamente la situazione clinica. Se la saturazione dell’ossigeno scende al di sotto del 92%, è consigliabile rivolgersi a un ospedale, soprattutto se il paziente è altrimenti sano.
È fondamentale essere seguiti dal proprio medico di famiglia anche durante le fasi di trattamento domiciliare. Nella maggior parte dei casi di COVID-19, il controllo della febbre e dei dolori osteo-muscolari può essere gestito con il paracetamolo, in modo simile ai casi di influenza. L’uso di corticosteroidi e eparine è riservato a situazioni specifiche, mentre gli antibiotici non sono efficaci contro il virus.
Esiste un protocollo ministeriale dettagliato facilmente reperibile online, a cui è possibile fare riferimento per informazioni aggiornate sul trattamento e sulla gestione del COVID-19.
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