Sclerodermia, cos’è, quali sono i suoi sintomi e come si può curare

Scopriamo cos’è la Sclerodermia o Sclerosi Sistemica, quali sono i sintomicome si diagnostica e quali terapie sono necessarie alla cura
La sclerosi sistemica è una malattia rara autoimmune del tessuto connettivo, caratterizzata da un decorso cronico che coinvolge la pelle, il sistema vascolare e gli organi interni come esofago, tratto gastrointestinale, polmoni, cuore e reni. Ma scopriamo di più al riguardo!
L’origine della sclerosi sistemica è multifattoriale, con una componente genetica e colpisce le donne circa sette volte più frequentemente degli uomini.

Sclerodermia: cos’è, quali sono i suoi sintomi e come si può curare

Nel 90% dei pazienti, la malattia si presenta con il fenomeno di Raynaud, che provoca il restringimento dei capillari di mani e piedi, rendendoli freddi, insensibili, pallidi e successivamente violacei.

Mani fredde, dita viola, pelle indurita, respiro corto, dolori muscolari e stanchezza cronica sono i sintomi iniziali della sclerosi sistemica.

Le forme localizzate di sclerodermia si manifestano come chiazze circoscritte o come sclerosi lineare dei tessuti superficiali senza coinvolgimento sistemico.

Sclerodermia, cos'è, quali sono i suoi sintomi e come si può curare
Sclerodermia, cos’è, quali sono i suoi sintomi e come si può curare – Pexels @Luis Quintero – Saluteweb.it

 

La malattia mista del tessuto connettivo (Mixed Connective Tissue Disease, MMTC) combina caratteristiche della sclerodermia con tratti clinici e sierologici del lupus eritematoso sistemico (LES), della polimiosite o dell’artrite reumatoide (AR).

I pazienti con MMTC presentano alti titoli di anticorpi sierici che reagiscono con la ribonucleoproteina nucleare.

Spesso vi è una sovrapposizione con la sindrome di Sjögren, che colpisce le ghiandole lacrimali e salivari causando secchezza, o con tiroiditi autoimmuni.

In alcuni casi, la malattia rimane stabile per anni. Tuttavia, una rapida compromissione polmonare, renale o vascolare indica una probabile evoluzione della malattia.

Il fenomeno di Raynaud è una condizione piuttosto comune, facilmente riconoscibile: le dita delle mani e dei piedi diventano prima pallide e poi viola, causando intenso formicolio e dolore.
Questo cambiamento di colore è dovuto alla riduzione del flusso sanguigno verso le estremità del corpo e può durare da pochi secondi a qualche minuto, ripetendosi più volte.
Si stima che nel 90% dei casi il fenomeno di Raynaud sia il primo segnale visibile di una malattia del tessuto connettivo, come la Sclerosi Sistemica, il Lupus Eritematoso Sistemico, l’Artrite Reumatoide, la Sindrome di Sjogren, la Dermatomiosite o la Polimiosite.
Quando è associata alla sclerosi sistemica, la sindrome di Raynaud può manifestarsi con altri sintomi, quali:
  • Dita a “salsicciotto”
  • Ulcerazioni frequenti delle estremità
  • Infiammazione delle articolazioni
  • Cute rigida e spessa

Freddo ed emozioni intense possono scatenare questi episodi, ma non sono mai la causa primaria. Un esame diagnostico semplice e utile, soprattutto nelle fasi iniziali della sclerosi sistemica, è la capillaroscopia (angioscopia percutanea). Questo esame aiuta a rilevare clinicamente il fenomeno di Raynaud e le dita a “salsicciotto” (edema).

La prima indagine diagnostica in caso di fenomeno di Raynaud è la videocapillaroscopia, un esame semplice e non invasivo che osserva i capillari del letto periungueale. In condizioni normali, questi capillari appaiono sottili e regolari, ma in presenza di sclerodermia si presentano alterati, difformi e dilatati (megacapillari = Scleroderma Pattern).

Il quadro capillaroscopico ottenuto indicherà se è necessario approfondire con ulteriori analisi cliniche per identificare una possibile patologia correlata o se il fenomeno di Raynaud è dovuto ad altre cause come fenomeni ormonali, compressione, malattie della coagulazione, o problemi neurovegetativi vascolari.

Oltre alla videocapillaroscopia, per arrivare a una diagnosi clinica di sclerosi sistemica sono necessari diversi esami. Lo specialista inizierà con un semplice esame del sangue per cercare autoanticorpi.

Nella sclerosi sistemica, gli ANA (anticorpi antinucleo) sono presenti nell’85-95% dei pazienti. Sono stati identificati diversi anti-ENA (anticorpi contro antigeni nucleari estraibili) specifici per la malattia, come gli anticorpi anti-centromero (ACA) e gli anticorpi anti-Scl 70 (o anti-topoisomerasi I).

Esiste poi la sclerosi sistemica anche infantile, che può essere a livello della cute con la sclerosi dell’epidermide, la sclerodattilia e il fenomeno di Raynaud.

Per quanto riguarda le manifestazioni vascolari ricordiamo le alterazioni dei vasi capillari e le ulcere digitali. Tra le manifestazioni gastrointestinali la disfagia gastro-esofagea e il reflusso.

Per quanto riguarda le complicazioni renali ci sono la crisi renale e le variazioni della pressione arteriosa. Tra le manifestazioni cardiache invece le aritmie, gli scompensi cardiaci.

Per quanto riguarda il coinvolgimento dell’apparato respiratori possono verificarsi fibrosi polmonare e ipertensione polmonare, tra le manifestazioni dell’apparato muscolo-scheletrico ricordiamo attrito e sfregamento del tendine, artriti, miositi ed infine per quando riguarda le complicazioni neurologiche la neuropatia e la sindrome del tunnel carpale.

Gli esami clinici consigliati per questa forma sono la ricerca di anticorpi Antinucleari e la ricerca di anticorpi specifici (Scl-70, Anticentromero, PM-Scl)

Recentemente, sono stati scoperti altri autoanticorpi meno frequenti ma specifici, come gli anti-RNA polimerasi III, gli anti-fibrillarina, gli anti Th/To, gli anti PM-Scl e gli anti-Ku.

Un altro esame utile è il test delle prove di funzionalità respiratoria e diffusione alveolo-capillare (DLCO) per verificare la corretta funzione polmonare, insieme a una TAC ad alta risoluzione del torace.

È inoltre fondamentale monitorare la funzionalità cardiaca tramite ecocolordopplergrafia cardiaca standard e con tissue Doppler imaging, nonché valutare la funzionalità dell’esofago con un’Rx esofago.

Non esistono farmaci in grado di influenzare significativamente il decorso naturale della sclerosi sistemica, anche se alcuni possono essere utilizzati per trattare sintomi specifici o patologie d’organo.

I corticosteroidi possono essere utili nei pazienti con miosite invalidante, sinovite o MMTC. La penicillamina, somministrata a lungo termine (oltre 1,5 anni) a dosi di 0,5-1 g al giorno, può ridurre l’ispessimento cutaneo e le nuove complicanze viscerali.

Si inizia solitamente con una dose di 250 mg al giorno, aumentando gradualmente per migliorare la tolleranza.

La nifedipina, a dosi di 20 mg tre volte al giorno o come tollerata, può migliorare il fenomeno di Raynaud. L’esofagite da reflusso migliora con procinetici, antiacidi e inibitori della pompa protonica, oltre a una dieta specifica.

Le stenosi esofagee possono richiedere dilatazioni periodiche; interventi di gastroplastica hanno avuto successo nel correggere il reflusso gastroesofageo.

La tetraciclina, a dosi di 1 g al giorno per via orale, e altri antibiotici a largo spettro, possono sopprimere la proliferazione della flora intestinale e migliorare i sintomi di malassorbimento causati dalla colonizzazione batterica delle anse intestinali dilatate.

La fisioterapia può essere utile per mantenere il tono muscolare, sebbene non prevenga le contratture, mentre per il coinvolgimento di cuore e polmoni si utilizzano anticoagulanti per affrontare i cambiamenti trombotici e la predisposizione alla trombosi nel microcircolo polmonare.

I diuretici trattano lo scompenso cardiaco destro, l’ossigenoterapia mantiene la saturazione di ossigeno sempre superiore al 90%, e i calcio-antagonisti sono utili in meno del 10% dei pazienti con IAP trattati.

Tuttavia, se non utilizzati correttamente, i calcio-antagonisti possono essere deleteri. Sono in corso studi su nuovi farmaci per rallentare la fibrosi polmonare.

Per la patologia renale, i farmaci di scelta sono gli ACE inibitori, che sono efficaci nel controllare l’ipertensione e nel salvaguardare la funzione renale.

Altri vasodilatatori sono stati usati con un certo successo. Se il trattamento non previene una malattia renale all’ultimo stadio, si può ricorrere al trapianto e alla dialisi, anche se la mortalità rimane alta.

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