Dall’indagine condotta tra luglio 2022 e febbraio 2023 dall’Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità è emersa una carenza di specialisti di disturbi mentali nei Centri per demenze in Italia: ci sono in media solo 5 professionisti per ognuna delle oltre 500 strutture sparse nella nazione e un quarto di questi centri, circa il 25,4% è aperto solamente un giorno a settimana. Questi sono i risultati contenuti nel report, riferiti alle attività del 2019.
Tra i CDCD (Centro per i Disturbi Cognitivi e le Demenze) aperti 5 giorni a settimana, il 43,5% si trovano al Nord, il 27,5% al Centro Italia e il 24,6% al Sud. Solo nel 5% dei casi, questi centri specializzati nella prevenzione, la diagnosi e il trattamento di diverse forme di demenza, sono diretti da psichiatri, mentre un terzo è diretto da un geriatra e un altro terzo da un neurologo. Inoltre scarseggia personale medico come infermieri, fisioterapisti e logopedisti.
“I dati sottolineano le criticità dell’offerta sanitaria in Italia“, afferma Vanacore
All’indagine hanno partecipato 512 CDCD su 540. I centri sono localizzati per la maggior parte (46,7%) negli ospedali, per il 44% sono dislocati nel territorio, mentre per il 9,2% nelle università o negli IRCCS (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) e i professionisti che lavorano al loro interno sono in tutto 2.568.
“Nel 29,9% dei Centri opera almeno un neuropsicologo e nel 26,6% almeno uno psicologo. Nel 58,8% dei Cdcd è impegnato almeno un infermiere, nel 16,2% un assistente sociale, un amministrativo (8,9%), un logopedista (8,4%), un fisioterapista (6,4%), un genetista (1,6%), un terapista occupazionale (1,1%), un mediatore culturale (1,1%) e un interprete linguistico (1,1%)“, riportano le analisi dell’’Istituto superiore di sanità.
Sicuramente il servizio che si riesce ad offrire non permette di coprire i bisogni della popolazione che soffre di disturbi della salute mentale, aumentati negli ultimi anni.
“Questi dati fotografano le criticità dell’offerta sanitaria presente in Italia per i CDCD sia per quanto riguarda il numero complessivo di professionisti che per la scarsità di altre tipologie di professionisti diverse dai medici – osserva Nicola Vanacore, direttore dell’Osservatorio Demenze dell’ISS –. In una logica di sanità pubblica è fondamentale poter disporre nei CDCD, un nodo cruciale per la diagnosi e la presa in carico delle persone con demenza, di un maggior numero di professionisti e di personale con diversi profili al fine di poter valorizzare sempre più un lavoro di equipe interprofessionale e di renderlo disponibile e capillare in tutto il territorio nazionale. Si tratta di dati molto importanti poiché parliamo di un problema che coinvolge in Italia circa due milioni di persone con disturbo cognitivo lieve o demenza e circa tre milioni di italiani, tra familiari e caregiver, che vivono con loro”.
Nel 2020 la maggior parte dei Centri è rimasto parzialmente chiuso
Nel 2020, quando a causa della pandemia la richiesta di supporto è iniziata ad aumentare, il 63.2% dei CDCD è rimasto chiuso per diversi giorni a settimana e di questi, circa il 44% per più di tre mesi.
Nicola Vanacore, direttore dell’Osservatorio Demenze dell’Iss afferma: “In una logica di sanità pubblica, è fondamentale poter disporre nei CDCD, che rappresentano un nodo cruciale per la diagnosi e la presa in carico delle persone con demenza, di un maggior numero di professionisti e di personale con diversi profili, al fine di poter valorizzare sempre più un lavoro di équipe interprofessionale e di renderlo disponibile e capillare in tutto il territorio nazionale”. I risultati dello studio, aggiunge, “sono molto importanti poiché parliamo di un problema che coinvolge in Italia circa due milioni di persone con disturbo cognitivo lieve o demenza e circa tre milioni di italiani, tra familiari e caregiver, che vivono con loro“.