Assumere troppe proteine per un lungo periodo potrebbe esporti al rischio di gravi effetti indesiderati, soprattutto nei reni. Ecco cosa succede
È opinione comune che le diete iperproteiche possano causare danno renale, manifestato attraverso iperfiltrazione e un aumento della pressione glomerulare.
Di seguito, esamineremo se le proteine siano realmente dannose per i reni, valutando l’impatto di un regime iperproteico in condizioni di funzione renale normale, in presenza di patologia renale cronica e sulla formazione di calcoli renali (litiasi).
Qual è l’impatto delle proteine sui reni?
Per “dieta iperproteica” si intende generalmente un regime alimentare con un apporto proteico superiore al range di normalità.
L’intervallo di normalità prevede:
Un limite inferiore, che rappresenta la quantità minima necessaria per evitare carenze proteiche.
Un limite superiore, che corrisponde al massimo quantitativo di proteine che l’organismo può gestire senza alterazioni omeostatiche. Questo limite superiore deve includere anche un certo “margine di sicurezza”.
Qui emerge una questione importante: a seconda dell’istituzione o dello studio consultato, i limiti possono variare notevolmente.
Sebbene questo metodo di valutazione sia “logico”, risulta “spannometrico” e di limitata utilità quando applicato al singolo individuo. Non stiamo dicendo che sia sbagliato, ma semplicemente che le esigenze proteiche possono variare significativamente da persona a persona.
Pertanto, prima di decidere se una dieta possa definirsi iperproteica, è essenziale considerare la composizione corporea del soggetto e determinare il fabbisogno proteico specifico.
Il fabbisogno proteico può essere calcolato in due modi principali:
Stima percentuale sulle calorie totali: Questo metodo è più adatto a soggetti non sportivi e con una corporatura media.
Impiego di un coefficiente pro-kg di peso corporeo: Questo metodo si basa sul peso corporeo e si adatta meglio alle esigenze specifiche del singolo individuo.
Il coefficiente pro-kg deve essere riferito:
Al peso fisiologico desiderabile per soggetti con massa grassa superiore alla norma.
Al peso reale se la massa muscolare è più abbondante del normale, come negli atleti di forza, velocità o nei bodybuilder.
Inoltre, il fabbisogno proteico aumenta in determinate condizioni, come durante una dieta ipocalorica dimagrante (soprattutto con attività sportiva), durante l’accrescimento, in condizioni fisiologiche speciali (gravidanza, allattamento), e in situazioni para-fisiologiche o patologiche (resistenza anabolica, malassorbimento, sarcopenia, ecc.).
Ecco le linee guida generali per il fabbisogno proteico:
In una dieta normocalorica senza attività fisica, per evitare carenze si consiglia un apporto di circa 1,0 g/kg, pari a circa il 12% dell’energia totale.
Nelle stesse condizioni, l’apporto proteico raccomandato è di 1,2 g/kg; 1,5 g/kg per ragazzi in accrescimento, e circa il 13% per le donne in gravidanza. Per gli anziani, è consigliato un apporto superiore a 1,2 g/kg.
In una dieta ipocalorica, l’apporto proteico consigliato varia tra 1,6-2,4 g/kg.
Per sport di forza con dieta normocalorica, è raccomandato un apporto tra 1,2 e 2,4 g/kg.
Per sport di forza con dieta ipocalorica, l’apporto ideale è tra 2,3 e 3,1 g/kg; se la dieta è ipercalorica, il minimo consigliato è 1,6 g/kg.
Per sport di endurance con dieta normocalorica, l’apporto proteico suggerito è tra 1,2-2,0 g/kg.
Per malattia renale o nefropatia si intende un danno o una patologia che colpisce uno o entrambi i reni. La nefrite è una malattia infiammatoria renale che varia a seconda della sede dell’infiammazione e può essere diagnosticata tramite esami clinici. Al contrario, la nefrosi è una malattia renale non infiammatoria. Entrambe possono portare rispettivamente alla sindrome nefritica e alla sindrome nefrosica.
Le malattie renali generalmente causano una perdita della funzionalità renale, che può progredire fino all’insufficienza renale, ovvero la perdita completa della funzionalità renale. L’insufficienza renale rappresenta lo stadio terminale della malattia renale, in cui le uniche opzioni di trattamento sono la dialisi o il trapianto di rene.
La malattia renale cronica è definita come un’anomalia renale prolungata, di natura funzionale o strutturale, che persiste per più di tre mesi. La malattia renale acuta, invece, è caratterizzata da una riduzione improvvisa della funzionalità renale nell’arco di sette giorni. Il tasso di malattie renali croniche sembra in aumento nei paesi occidentali, a causa di fattori come l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’obesità.
Le cause delle malattie renali possono essere autoimmuni, farmacologiche, o legate a fattori come il deficit enzimatico di xantina ossidasi, la tossicità degli agenti chemioterapici, e l’esposizione a lungo termine al piombo. Altre condizioni croniche che possono causare nefropatia includono il lupus eritematoso sistemico, il diabete mellito e l’ipertensione, che portano rispettivamente alla nefropatia diabetica e alla nefropatia ipertensiva.
Da quanto esposto, risulta chiaro che non esistono prove scientifiche definitive che dimostrino che un eccesso proteico possa nuocere a un soggetto sano con normale funzionalità renale.
La situazione è diversa per soggetti con compromissioni renali o condizioni para-fisiologiche. Un soggetto sano ma con un solo rene funzionante, o affetto da una delle patologie menzionate, potrebbe essere a maggior rischio di peggioramento della salute renale se segue una dieta iperproteica.
Ma perché molti medici sostengono che un eccesso di proteine possa danneggiare i reni? La risposta è complessa. Per prudenza, molti medici sconsigliano di assumere integratori proteici o di seguire una dieta ad alto contenuto proteico, specialmente considerando l’importanza cruciale dei reni.
A sostegno di questa cautela, ci sono le analisi del sangue degli sportivi che assumono molte proteine, dove alcuni valori come creatinina e azoto ureico sono spesso fuori dai range di normalità. Tuttavia, un medico preparato potrebbe spiegare che, in questi soggetti:
I livelli elevati di creatinina e azoto ureico sono normali e non costituiscono un fattore di rischio per malattie renali.
Anche altri valori alterati, come ematocrito, CPK, e transaminasi, non rappresentano necessariamente un problema.
In sintesi, è vero che i reni lavorano di più in queste circostanze, ma ciò non significa che si deteriorino più rapidamente o in maniera significativa.
Giulia De Sanctis
Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.