Psicologia: ecco perché un terapeuta non può dirci cosa fare

Uno psicoterapeuta non può dirti cosa fare perché dare consigli non rientra nel suo ruolo, sei tu a dover trovare le tue risposte

Nel 2024 il supporto psicologico viene ancora vissuto da molti come un tabù. Chi decide di intraprendere un percorso di terapia viene etichettato come pazzo, debole, fallito ed è una dura realtà che piano piano le nuove generazioni stanno cercando di buttare giù e contrastare.

Ma se da un lato c’è chi lo etichetta in questo modo, la maggior parte delle persone non è realmente consapevole di che cosa voglia dire cominciare un percorso di terapia.

La disinformazione è alla base del pregiudizio perciò entrare nel merito e spiegarvi in che modo un terapeuta possa farvi bene ci sembra doveroso.

Il primo stereotipo da scardinare è che lo psicoterapeuta non è un cartomante né tantomeno un oracolo da interpellare per prendere decisioni nella vita: si tratta di un professionista in grado di farvi ragionare e riflettere su ciò che pensate e sentite dentro di voi, facendovi arrivare autonomamente alla decisione più giusta per voi.

Le risposte che cerchi sono dentro di te

Se vi è mai capitato di effettuare delle sedute di psicoterapia vi sarete accorti che molto spesso il terapeuta o la terapeuta ripeteva frasi simili a queste:

Quello che è successo come ti fa sentire?

Hai descritto la situazione usando questo vocabolo, come mai?

Non posso dirti cosa farei io, perché ogni persona è differente. Prova ad immaginare te stesso in entrambe le situazioni. Come ti sentiresti in un caso o nell’altro?

In tutti e tre i casi il professionista riporta i focus su di noi, sulla nostra realtà interiore e ci mette davanti ad una nostra scelta linguistica nell’esternare un problema o ai nostri sentimenti in merito a una questione, perché è esattamente questo il suo ruolo.

Uno psicologo o uno psicoterapeuta non sono amici a cui chiedere pareri ma una sorta di specchio riflettente che ci mostra un’immagine di noi stessi nuova, che dobbiamo abituarci a vedere.

In base agli spunti di riflessione che nascono da ogni seduta impariamo qualcosa in più su noi stessi e sulla nostra realtà interiore fino a trovare delle risposte sepolte in noi che neanche sapevamo di stare cercando.

La frustrazione di non avere un beneficio immediato

Partiamo dal presupposto che sentirsi bloccati, rallentati, inefficaci è frustrante.

Quando ci si rivolge ad un professionista è perché ci sentiamo bloccati in qualcosa da cui vorremmo uscire e cerchiamo una persona a cui aggrapparci che ci tiri fuori dalla situazione.

Che si tratti di un trauma che non riusciamo a superare, dall’ansia che non vuole proprio abbandonarci o dalla paura del futuro, crediamo che lo psicoterapeuta possa essere l’eroe della storia, pronto a tirarci fuori dal buio con le parole giuste e la risposta a tutti i nostri dubbi.

psicoterapista prende appunti
Farsi domande è più importante di trovare risposte – Pexels – saluteweb.it

La verità è che non è così. Dal buio, dalla trappola in cui sentiamo di essere, dobbiamo tirarci fuori da soli. Ma un professionista può aiutarci a trovare la forza e gli strumenti dentro di noi per riuscire a farcela.

All’inizio del percorso è normale sentirsi delusi e frustrati o avere la percezione di stare buttando via soldi o denaro, semplicemente perché subentra la delusione del rendersi conto che l’eroe della nostra storia dobbiamo essere per forza noi. Oltre a questa delusione, subentra anche la paura di non esserne in grado e molti decidono di abbandonare il percorso di terapia nelle fasi iniziali proprio a causa di queste alte aspettative non soddisfatte.

Farsi domande è più importante di trovare risposte

Il fatto che un terapeuta ci induca a farci ancora più domande di quelle che avevamo nel momento in cui ci siamo seduti davanti a a lui non va interpretato come qualcosa di negativo. Il suo obiettivo è proprio quello: fare nascere dento di noi la voglia di conoscerci sul serio, di indagare più a fondo chi siamo, cosa vogliamo dalla vita e da cosa stiamo cercando di fuggire.

Avere la forza anche solo di porsi queste domande è molto più importante che trovare delle risposte definite. Ecco perché non sta a lui darci consigli, imporci cosa fare o trovare soluzioni ai nostri problemi.

La terapia riguarda te e non il tuo terapeuta, e bisogna tenere a mente questo assunto dall’inizio alla fine del percorso. Sotto la lente d’ingrandimento ci sei tu ed è giusto che sia così.

Auto rivelazioni per aumentare la fiducia reciproca

Può capitare che il terapeuta riveli qualcosa di sé stesso o del proprio vissuto. Ovviamente questo avviene in misura ridotta e calibrata e solo se il raconto può essere funzionale all’aumentare il senso di fiducia del paziente nei propri confronti.

La relazione terapeutica, infatti, va coltivata e alcune auto rivelazioni ben calibrate potrebbero dimostrarsi uno spunto di riflessione per il paziente oltre che un buon modo per rinforzare il legame terapeuta-paziente.

In poche parole, è normale sentirsi sotto esame inizialmente e la conversazione potrebbe sembrarci mono-direzionale e del tutto diversa rispetto alle chiacchierate tra amici a cui siamo abituati, ma è in questo che risiede l’efficacia della terapia: imparare a parlare a sé stessi mediante l’aiuto di una terza persona.

La consapevolezza è il primo passo per accettare la terapia

Prendere atto di come funziona davvero un percorso di terapia serve per non rimanere delusi e continuare passo dopo passo nella direzione giusta, ovvero quella verso il proprio benessere psicologico. Partire con aspettative irrealistiche e credere che uno sconosciuto possa dare sentenze, verdetti e giudizi sulla vostra vita non corrisponde al vero e non è l’obiettivo della psicoterapia.

Questo vale per la fetta di popolazione poco informata a riguardo ma che vorrebbe saperne di più. Per coloro che, invece, etichettano la psicoterapia come qualcosa “da deboli” o da “persone disturbate” vogliamo lasciare uno spunto di riflessione: pensate alla vostra mente come ad una macchina altamente sofisticata che utilizzate tutti i giorni senza conoscerne a pieno i meccanismi.

guidare auto
Il percorso di terapia è un po’ come imparare a guidare con un copilota – Unsplash – saluteweb.it

Questa macchina a volte viaggia al meglio delle sue prestazioni, altre volte rallenta o vi lascia a piedi e non sapete il motivo. All’apparenza sembra sempre perfetta eppure qualcosa la rallenta.

A volte quest’auto vi porta in luoghi in cui non avete deciso voi di andare, altre volte va a passo d’uomo senza che abbiate schiacciato il freno. Anche questa volta non sapete perché.

Essere passeggeri passivi di un’auto in corsa non è forse orse più spaventoso che imparare a guidarla? Solo imparando a farlo potrete raggiungere la destinazione in cui volevate arrivare, con i vostri tempi.

La strada è la vostra vita, l’auto da imparare a guidare è la vostra mente, il terapista la persona che può insegnarvi a farlo: un copilota silenzioso pronto ad intervenire e toccare i pedali o gli interruttori giusti per aiutarvi a ritrovarne il controllo quando pensate di averlo perso.

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