La questione delle microplastiche negli alimenti preoccupa sempre più gli esperti: ecco cosa c’è da sapere a riguardo
Negli ultimi anni, la questione delle microplastiche è emersa come una delle sfide ambientali e sanitarie più gravi del nostro tempo. Un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università del New Mexico ha rivelato che il cervello di un adulto contiene in media circa dieci grammi di plastica, sotto forma di nano- e microplastiche. Questo risultato, pubblicato su Nature Medicine, ha sollevato preoccupazioni riguardo al potenziale impatto delle microplastiche sulla salute umana, soprattutto in relazione a malattie neurodegenerative come la demenza. Le concentrazioni di microplastiche nel cervello di individui affetti da demenza si sono rivelate da tre a cinque volte superiori rispetto a quelle di individui sani, indicando un possibile legame tra esposizione a queste sostanze e deterioramento cognitivo.
In aggiunta a queste scoperte, un altro studio ha mostrato che le popolazioni che vivono lungo le coste, dove l’acqua è più contaminata da microplastiche, presentano performance cognitive inferiori e un aumentato rischio di disabilità cognitive. Questi dati suggeriscono una correlazione tra l’ingestione o l’inalazione di microplastiche e danni cerebrali, spingendo i ricercatori a esplorare le fonti alimentari di queste sostanze inquinanti.
Sebbene eliminare completamente la plastica dalla nostra vita quotidiana possa sembrare un obiettivo irrealistico, esistono strategie efficaci per ridurre l’assorbimento di microplastiche attraverso il cibo. Ecco alcuni suggerimenti pratici:
Attualmente, non esistono metodi ben definiti per eliminare le microplastiche già accumulate nel corpo umano. Alcuni studi preliminari suggeriscono che il sudore potrebbe aiutare a espellere il BPA, ma la ricerca in questo campo è ancora agli inizi. È interessante notare che non è emersa una correlazione tra la concentrazione di microplastiche e l’età, suggerendo che l’organismo potrebbe avere meccanismi per liberarsi parzialmente di queste sostanze.
Inoltre, studi condotti su pesci hanno dimostrato che, riducendo l’assorbimento di microplastiche, la loro concentrazione nel cervello può diminuire drasticamente in un breve periodo. Tuttavia, non è chiaro se questo fenomeno si verifichi anche negli esseri umani.
Infine, mentre la plastica è presente in molte aree della nostra vita, anche l’aria che respiriamo è contaminata. La media di microplastiche respirate da un adulto in un anno può arrivare fino a 62.000 particelle. L’uso di filtri HEPA può ridurre la quantità di particelle inquinanti, ma non è ancora chiaro quali siano gli effetti a lungo termine sull’inalazione di queste sostanze.
La questione delle microplastiche è complessa e richiede un approccio multidisciplinare per essere affrontata adeguatamente. È fondamentale continuare a informare e sensibilizzare l’opinione pubblica, incoraggiando scelte alimentari più consapevoli e sostenibili.
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