Microplastiche negli alimenti: ecco cosa fare per limitarle

La questione delle microplastiche negli alimenti preoccupa sempre più gli esperti: ecco cosa c’è da sapere a riguardo

Microplastiche negli alimenti
Microplastiche negli alimenti | Pixabay @pcess609 – Saluteweb

 

Negli ultimi anni, la questione delle microplastiche è emersa come una delle sfide ambientali e sanitarie più gravi del nostro tempo. Un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università del New Mexico ha rivelato che il cervello di un adulto contiene in media circa dieci grammi di plastica, sotto forma di nano- e microplastiche. Questo risultato, pubblicato su Nature Medicine, ha sollevato preoccupazioni riguardo al potenziale impatto delle microplastiche sulla salute umana, soprattutto in relazione a malattie neurodegenerative come la demenza. Le concentrazioni di microplastiche nel cervello di individui affetti da demenza si sono rivelate da tre a cinque volte superiori rispetto a quelle di individui sani, indicando un possibile legame tra esposizione a queste sostanze e deterioramento cognitivo.

Microplastiche negli alimenti: tutto ciò che c’è da sapere a riguardo

In aggiunta a queste scoperte, un altro studio ha mostrato che le popolazioni che vivono lungo le coste, dove l’acqua è più contaminata da microplastiche, presentano performance cognitive inferiori e un aumentato rischio di disabilità cognitive. Questi dati suggeriscono una correlazione tra l’ingestione o l’inalazione di microplastiche e danni cerebrali, spingendo i ricercatori a esplorare le fonti alimentari di queste sostanze inquinanti.

Come limitare l’ingestione di microplastiche

Sebbene eliminare completamente la plastica dalla nostra vita quotidiana possa sembrare un obiettivo irrealistico, esistono strategie efficaci per ridurre l’assorbimento di microplastiche attraverso il cibo. Ecco alcuni suggerimenti pratici:

  • Scegliere l’acqua del rubinetto: le bottiglie di plastica, in particolare quelle per l’acqua, sono una delle principali fonti di microplastiche. Passare all’acqua del rubinetto può ridurre significativamente l’ingestione annuale di microplastiche, con una stima che varia da 4.000 a 90.000 particelle all’anno, a seconda del consumo individuale;
  • Limitare il consumo di alcol e pesce: alcuni studi hanno evidenziato che alimenti come il pesce e le bevande alcoliche possono contenere elevate concentrazioni di microplastiche. È consigliabile moderare il consumo di questi alimenti e optare per opzioni più fresche e meno elaborate;
  • Attenzione al riscaldamento nei contenitori di plastica: un modo efficace per ridurre l’esposizione alle microplastiche è evitare di riscaldare alimenti in contenitori di plastica. Ad esempio, i filtri per tè in plastica possono rilasciare milioni di microplastiche durante l’infusione. Anche il forno a microonde è problematico, poiché i contenitori in plastica possono liberare fino a 4,22 milioni di microplastiche in pochi minuti;
  • Evitare la conservazione prolungata in plastica: la conservazione di alimenti in contenitori di plastica, soprattutto nel frigorifero, può aumentare il rischio di contaminazione. È preferibile utilizzare materiali alternativi come vetro, ceramica o acciaio inossidabile per conservare gli alimenti;
  • Attenzione ai prodotti in scatola: molti alimenti in scatola contengono rivestimenti contenenti bisfenolo A (BPA), che può facilmente migrare nel cibo. Uno studio ha dimostrato che il consumo di zuppe in scatola per soli cinque giorni può aumentare la concentrazione di BPA nelle urine di oltre il 1.000%. Pertanto, è consigliabile ridurre il consumo di questi prodotti;
  • Limitare gli alimenti ultra-trasformati: gli alimenti ultra-trasformati, spesso confezionati in plastica, possono contenere elevate concentrazioni di microplastiche. Per esempio, i nugget di pollo presentano una concentrazione di microplastiche 30 volte superiore rispetto a un petto di pollo fresco. Ridurre il consumo di questi alimenti non solo può limitare l’esposizione alle microplastiche, ma anche apportare benefici alla salute mentale e fisica.

Le sfide della rimozione delle microplastiche

Attualmente, non esistono metodi ben definiti per eliminare le microplastiche già accumulate nel corpo umano. Alcuni studi preliminari suggeriscono che il sudore potrebbe aiutare a espellere il BPA, ma la ricerca in questo campo è ancora agli inizi. È interessante notare che non è emersa una correlazione tra la concentrazione di microplastiche e l’età, suggerendo che l’organismo potrebbe avere meccanismi per liberarsi parzialmente di queste sostanze.

Inoltre, studi condotti su pesci hanno dimostrato che, riducendo l’assorbimento di microplastiche, la loro concentrazione nel cervello può diminuire drasticamente in un breve periodo. Tuttavia, non è chiaro se questo fenomeno si verifichi anche negli esseri umani.

Infine, mentre la plastica è presente in molte aree della nostra vita, anche l’aria che respiriamo è contaminata. La media di microplastiche respirate da un adulto in un anno può arrivare fino a 62.000 particelle. L’uso di filtri HEPA può ridurre la quantità di particelle inquinanti, ma non è ancora chiaro quali siano gli effetti a lungo termine sull’inalazione di queste sostanze.

La questione delle microplastiche è complessa e richiede un approccio multidisciplinare per essere affrontata adeguatamente. È fondamentale continuare a informare e sensibilizzare l’opinione pubblica, incoraggiando scelte alimentari più consapevoli e sostenibili.

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