La professoressa Suh ha commentato che questi primi risultati indicano una reale possibilità di raggiungere il nostro obiettivo principale: utilizzare la rapamicina per prolungare la vita delle ovaie, ritardare la menopausa e migliorare la qualità e la durata della vita delle donne.
La rapamicina, nota anche come sirolimus, è un farmaco immunosoppressore impiegato per prevenire il rigetto nei trapianti d’organo. Recentemente, si è scoperto che potrebbe anche essere utile per prolungare l’età fertile nelle donne, rallentando l’invecchiamento delle ovaie.
La rapamicina agisce su una proteina chiamata mTOR (mechanistic Target Of Rapamycin), una serina treonina chinasi che regola la crescita, la proliferazione e la sopravvivenza cellulare, il che le conferisce un potenziale nel rallentare l’invecchiamento generale.
Studi precedenti hanno già esaminato gli effetti della rapamicina sulla longevità, dimostrando che può prolungare significativamente la durata della vita.
Tuttavia, i suoi effetti nel ritardare l’invecchiamento ovarico sono stati finora studiati solo sugli animali. In particolare, la rapamicina ha mostrato di poter ripristinare la normale funzione ovarica nei topi femmina con insufficienza ovarica prematura e di estendere l’età riproduttiva, quindi la vita delle ovaie.
Questi risultati hanno portato alla creazione del trial clinico VIBRANT, uno studio pilota prospettico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, che esamina la capacità della rapamicina di ritardare l’invecchiamento ovarico nelle donne.
Secondo i ricercatori che stanno conducendo lo studio, le ovaie rilasciano circa 50 ovuli durante il ciclo fertile, ma solo uno raggiunge l’ovulazione. “Una piccola dose settimanale di rapamicina riduce questo rilascio a circa 15 ovuli al mese”, affermano gli studiosi, stimando che ciò possa rallentare l’invecchiamento dell’organo del 20%.
Nel trial clinico in corso, la rapamicina viene somministrata a basso dosaggio, circa 5 mg a settimana per tre mesi, rispetto ai 13 mg al giorno che possono essere prescritti a lungo termine ai pazienti trapiantati, riducendo così il rischio di effetti collaterali.
Un altro risultato promettente emerso dai primi dati riguarda la regolarità del ciclo mestruale, con le partecipanti che continuano ad avere mestruazioni normali, confermando l’adeguatezza del dosaggio utilizzato nello studio.
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