Medicina di genere, cos’è e di cosa si occupa

Fin dall’antichità la medicina ha avuto un’impostazione androcentrica, ovvero incentrata sulla popolazione maschile, nella convinzione che a parte gli apparati sessuali e riproduttivi uomini e donne fossero uguali. Solo negli anni Novanta del secolo scorso si è iniziato a considerare l’impatto delle variabili determinate dal sesso in medicina. Il concetto di differenze di genere nella sperimentazione farmacologica e nella ricerca scientifica è quindi recentissimo.

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L’Italia in quest’ambito è all’avanguardia: si deve alla legge 3/2018 (“Applicazione e diffusione della Medicina di Genere nel Servizio Sanitario Nazionale”), per la prima volta in Europa, l’inserimento del “genere” in tutte le specialità mediche, nella sperimentazione clinica dei farmaci e nella definizione di percorsi diagnostico-terapeutici.

Cos’è la medicina di genere

Secondo la definizione data dall’Organizzazione mondiale della sanità, con medicina di genere si intende lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (date dal sesso maschile o femminile) e delle differenze socio-economiche e culturali (date dal genere) sullo stato di salute e di malattia. Sempre più dati indicano che esistono importanti differenze tra uomo e donna nell’insorgenza, nella progressione e nelle manifestazioni cliniche di molte patologie. Uomini e donne possono presentare inoltre una diversa risposta alle terapie e reazioni avverse ai farmaci.

Le differenze

Tendenzialmente le donne si ammalano di più, consumano più farmaci e sono più soggette a reazioni avverse rispetto agli uomini. In alcuni casi inoltre le donne presentano sintomatologie diverse rispetto agli uomini per le stesse patologie (è il caso ad esempio dell’infarto del miocardio) o diverse localizzazioni (per esempio neoplasie del colon, melanoma). Le donne hanno un sistema immunitario più efficace, e sono quindi più resistenti alle infezioni, ma nello stesso tempo mostrano una maggiore insorgenza delle malattie autoimmuni. Altre differenze importanti riguardano lo stile di vita: gli uomini sono più propensi a fumare, bere alcolici, avere una cattiva alimentazione, ritardare il ricorso al medico e ai servizi sociosanitari.

La risposta alle terapie

Un ambito rilevante in tema di differenze di genere è la risposta alle terapie farmacologiche. Infatti l’assorbimento dei farmaci, il loro meccanismo di azione e la loro successiva eliminazione da parte dell’organismo sono condizionati da fattori fisiologici (come altezza, peso, percentuale di massa magra e grassa, quantità di acqua, pH gastrico) che variano molto a seconda che si tratti di un corpo maschile o femminile. Nonostante questo, gli effetti dei farmaci sono stati studiati prevalentemente su soggetti di sesso maschile e il dosaggio nella sperimentazione clinica viene definito su un uomo del peso di 70 chili.

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La ricerca

Inoltre, per molto tempo gli studi clinici sono stati effettuati su soggetti prevalentemente di sesso maschile. Stando ai dati riportati nel Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere, prima del 1993 le donne erano escluse dalle sperimentazioni cliniche tranne che per alcune patologie tipicamente femminili, e ancora oggi la percentuale di donne che prendono parte agli studi clinici supera difficilmente il 20% nelle fasi III, percentuale che scende drasticamente nelle fasi I e II. Una situazione di parzialità dovuta anche alla variabilità ormonale e al rischio della gestione della gravidanza. Ma non solo: per quanto riguarda l’ambito preclinico, attualmente in circa l’80% degli studi effettuati in vitro non viene specificato il sesso di origine del donatore delle cellule. Per quanto riguarda i modelli animali, invece, ad oggi nella maggior parte dei casi gli studi preclinici sono condotti su gruppi di animali di sesso maschile o con rapporti sbilanciati maschio/femmina.

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