Malattia di Kawasaki, cos’è, quali sono i suoi sintomi e come si cura

La malattia di Kawasaki è una vasculite sistemica che coinvolge i vasi sanguigni di piccolo e medio calibro, prevalentemente nei bambini sotto i 5 anni, provocando febbre e un caratteristico esantema cutaneo. Questa patologia è motivo di grande preoccupazione poiché, in una significativa percentuale di casi non trattati, può interessare il cuore e le arterie coronarie, portando a serie complicazioni. Ma quali sono le sue caratteristiche? Quali le causa? E i sintomi? Vediamo le risposte a queste e ad altre domande.

Caratteristiche, cause, sintomi e cure per la malattia di Kawasaki

La malattia di Kawasaki prende il nome dal pediatra giapponese Tomisaku Kawasaki, che nel gennaio 1961 descrisse per la prima volta questa condizione in un bambino di 4 anni ricoverato presso l’Ospedale della Croce Rossa di Tokyo. Il paziente presentava febbre persistente, labbra arrossate, lingua a fragola, iperemia orofaringea, un eritema diffuso con desquamazione delle mani e dei piedi, e linfadenopatia. Negli anni successivi, Kawasaki e altri colleghi riportarono ulteriori casi clinici simili, consentendo un approfondimento delle caratteristiche della malattia. Ma che cos’è esattamente?

Malattia di Kawasaki
Malattia di Kawasaki | Pixabay @jemastock – Saluteweb

La malattia di Kawasaki è una vasculite che interessa le arterie di medio calibro, in particolare le arterie coronariche, colpendo circa il 20% dei pazienti non trattati. Questa malattia rappresenta la principale causa di cardiopatia acquisita nei bambini. I sintomi iniziali includono miocardite acuta con insufficienza cardiaca, aritmie, endocardite e pericardite. In seguito, possono svilupparsi aneurismi delle arterie coronarie. L’aneurisma gigante delle arterie coronarie (con diametro superiore a 8 mm all’ecocardiografia), sebbene raro, comporta il rischio più elevato di tamponamento cardiaco, trombosi o infarto. Anche il tessuto extravascolare può infiammarsi, comprese le vie aeree superiori, il pancreas, l’albero biliare, i reni, le mucose e i linfonodi.

Le cause

Le cause precise della malattia di Kawasaki rimangono sconosciute, ma esistono diverse teorie in merito. Alcuni esperti ritengono che la malattia sia scatenata da una combinazione di fattori genetici specifici e certe infezioni; altri suggeriscono che sia il risultato di una risposta immunitaria anomala a determinate infezioni, favorita da una predisposizione genetica. Inoltre, esistono teorie minori che attribuiscono la comparsa della malattia di Kawasaki a allergie o intossicazioni.

I sintomi

La sindrome di Kawasaki è caratterizzata da una febbre persistente per 5 o più giorni accompagnata da almeno 4 dei seguenti sintomi, noti come “criteri clinici diagnostici”:

– Congiuntivite bilaterale senza secrezioni;

– Alterazioni di labbra e bocca;

– Eruzione cutanea visibile;

– Anomalie alle mani, ai piedi e nell’area del pannolino (arrossamento delle palme e delle piante, con o senza edema duro, arrossamento dell’area del pannolino);

– Linfadenopatia cervicale monolaterale (gonfiore dei linfonodi su un lato del collo).

Possono manifestarsi anche altri sintomi come:

– Irritabilità;

– Diarrea;

– Vomito;

– Dolori addominali;

– Problemi epatici;

– Disturbi articolari;

– Insufficienza cardiaca.

Si distinguono tre varianti della malattia: forme tipiche (con febbre e 4 o 5 dei criteri diagnostici), forme incomplete (con febbre e 2 o 3 criteri), e forme atipiche (con febbre e sintomi non tipici della sindrome di Kawasaki).

Il decorso della malattia è suddiviso in tre fasi:

– Fase acuta (1-2 settimane): caratterizzata dalla febbre e dagli altri sintomi acuti, che possono non presentarsi tutti contemporaneamente;

– Fase subacuta (fino alla quarta settimana): inizia dopo la scomparsa della febbre e degli altri sintomi acuti. Persistono irritabilità, anoressia e congiuntivite, possono verificarsi desquamazione attorno alle unghie, aumento delle piastrine, possibile sviluppo di aneurismi coronarici e dilatazione dei vasi;

– Fase di convalescenza (dalla quinta all’ottava settimana): caratterizzata dalla scomparsa di tutti i sintomi e dalla normalizzazione dei valori infiammatori.

Il decorso della malattia nei bambini varia a seconda del coinvolgimento delle arterie coronarie. Questo coinvolgimento si verifica nel 15-25% dei pazienti non trattati e nel 5% dei pazienti trattati adeguatamente, con l’1% che sviluppa aneurismi giganti. Nei bambini senza lesioni coronariche all’ecocardiografia, il rischio di problemi cardiaci in età adulta sembra essere simile a quello della popolazione generale.

Le lesioni coronariche possono evolversi nel tempo: il 50-67% degli aneurismi coronarici regredisce entro 1-2 anni, soprattutto se piccoli e in bambini di età inferiore a un anno. Tuttavia, nei vasi sanguigni con anomalie può persistere il rischio di sviluppare aneurismi, stenosi, occlusioni o tortuosità, che tendono a peggiorare nel tempo.

La principale causa di morte nella sindrome di Kawasaki è l’infarto miocardico acuto, causato dall’occlusione di un’arteria coronarica dovuta a un coagulo. Una piccola percentuale di pazienti (circa 1%) può sperimentare una recidiva entro il secondo anno.

La diagnosi

La diagnosi della malattia di Kawasaki si basa sulla presenza dei criteri clinici diagnostici (sintomi), che possono non manifestarsi tutti contemporaneamente. Non esistono caratteristiche cliniche o test specifici in grado di confermare definitivamente la diagnosi.

Malattia di Kawasaki
Malattia di Kawasaki | Pixabay @DzmitryDzemidovich – Saluteweb

Le maggiori difficoltà diagnostiche derivano dal fatto che alcuni bambini possono presentare il coinvolgimento delle arterie coronarie senza mostrare tutti gli altri sintomi, mentre in altri casi possono emergere sintomi atipici come manifestazione iniziale.

I dati di laboratorio non sono specifici per la malattia di Kawasaki, ma possono supportare o escludere la diagnosi nei pazienti con sintomi caratteristici. Durante la fase acuta, si osservano spesso un aumento dei globuli bianchi e degli indicatori di infiammazione. Nelle fasi più avanzate, è comune l’incremento del numero delle piastrine, che di solito si verifica nella seconda settimana della malattia.

L’ecocardiografia è sempre raccomandata poiché permette di individuare le principali complicazioni a carico delle arterie coronarie.

Le cure per la malattia

Il trattamento della malattia di Kawasaki nei bambini prevede la somministrazione di alte dosi di immunoglobuline umane per via endovenosa e alte dosi di acido acetilsalicilico (aspirina). L’obiettivo principale della terapia, soprattutto nella fase iniziale, è ridurre la febbre e l’infiammazione vascolare, che è la causa principale delle complicanze cardiache, in particolare coronariche.

A causa delle gravi complicazioni associate alla malattia di Kawasaki, il trattamento deve essere effettuato in ospedale almeno durante le prime settimane, rendendo necessario il ricovero del paziente. Un trattamento tempestivo, reso possibile da una diagnosi precoce, è cruciale per garantire un’elevata probabilità di recupero.

Terapia con immunoglobuline

Le immunoglobuline sono utilizzate per abbassare la febbre e ridurre il rischio di complicanze cardiache. Per ottenere il massimo beneficio, in particolare per quanto riguarda il rischio di complicanze cardiache, dovrebbero essere somministrate entro i primi 10 giorni dall’inizio della febbre. Solitamente, una singola somministrazione endovenosa di immunoglobuline umane è sufficiente, e gli effetti benefici sono visibili già entro 24 ore.

Terapia con l’aspirina

L’aspirina viene impiegata per abbassare la febbre, ridurre l’infiammazione articolare e prevenire la formazione di coaguli sanguigni anomali, che nei pazienti con sindrome di Kawasaki potrebbero causare un infarto. La terapia a base di aspirina può durare 6-8 settimane, con dosi che vengono gradualmente ridotte nel tempo.

Terapia da casa

Dopo aver superato la fase critica della malattia, durante la quale è necessario il ricovero ospedaliero, il paziente può tornare a casa e continuare la terapia con aspirina. Una volta a domicilio, è fondamentale che il malato beva abbondantemente per evitare la disidratazione.

Monitoraggio cardiaco

Solitamente, circa 6-8 settimane dopo l’inizio del trattamento per la malattia di Kawasaki, viene programmato un ecocardiogramma di controllo per valutare lo stato di salute del cuore e garantire la sua buona funzionalità. In alcuni casi, potrebbe essere incluso anche un elettrocardiogramma. Inoltre, potrebbero essere pianificati ulteriori controlli cardiaci a distanza di alcuni mesi.

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