A cinque anni dall’inizio della pandemia, in Italia numerosi pazienti continuano a soffrire dei sintomi persistenti legati al “long Covid”. Questa condizione, nota anche come PASC (Post-Acute Sequelae of SARS-CoV-2 Infection), colpisce molti guariti, anche a distanza di tempo. Tra i pazienti ospedalizzati durante le fasi più acute della pandemia nel 2020, circa 6 su 10 manifestano ancora sintomi. Nei casi meno gravi, gestiti dai medici di medicina generale e non richiedenti ricovero, il rapporto scende a circa 1 su 10.
Long Covid: quali sono i sintomi che persistono?
Oltre agli effetti diretti sulla salute, la pandemia ha avuto un impatto indiretto sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN), causando un calo significativo e persistente nell’assistenza ambulatoriale, un problema particolarmente sentito nelle aree più colpite.
Questi risultati emergono dal progetto Pascnet, uno studio scientifico coordinato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e finanziato dalla Fondazione Cariplo. Il progetto ha analizzato l’impatto clinico del long Covid e le conseguenze della pandemia sul SSN in Lombardia. Grazie alla raccolta sistematica di dati clinici di oltre 1.200 pazienti, Pascnet si è posto l’obiettivo di colmare le lacune nella comprensione della sindrome e di migliorare la conoscenza delle sue caratteristiche, prevalenza e fattori di rischio, utilizzando una prospettiva epidemiologica e di salute pubblica.
Lo studio ha coinvolto diverse realtà sanitarie lombarde, tra cui le Aziende Socio-Sanitarie Territoriali (ASST), le Agenzie di Tutela della Salute (ATS), i Medici di Medicina Generale (MMG) e numerosi IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico). L’approccio multidisciplinare adottato si è rivelato cruciale per affrontare la complessità del fenomeno e migliorare sia la diagnosi che la presa in carico dei pazienti.
“I risultati del progetto contribuiscono a migliorare la diagnosi e l’assistenza per i pazienti con long Covid, offrendo al SSN strumenti migliori per affrontare la sindrome”, spiega Claudio Lucifora, docente di Economia Politica all’Università Cattolica e coordinatore scientifico del progetto.
Lo studio ha analizzato una popolazione di circa 10 milioni di persone residenti in Lombardia tra marzo 2020 e dicembre 2022. Il 45% di questa popolazione aveva 50 anni o più, con una prevalenza di malattie cardiache del 22%. Questo contesto ha permesso di tracciare un quadro dettagliato dell’impatto della pandemia, sia dal punto di vista clinico che epidemiologico.
In particolare, lo studio si è concentrato su due principali obiettivi: creare un protocollo per la raccolta e il follow-up dei dati clinici nel lungo periodo e valutare l’impatto della PASC su un campione di oltre 1.200 pazienti. I partecipanti, selezionati tra i ricoverati nelle ASST e tra i pazienti seguiti dai MMG, sono stati sottoposti a esami clinici e specialistici per determinare la prevalenza dei sintomi della sindrome a un anno o più dall’infezione.
I dati raccolti mostrano che circa il 60% dei pazienti ricoverati nelle fasi più acute della pandemia soffre ancora di sintomi legati al long Covid, mentre tra i casi meno gravi la prevalenza è intorno al 10%. I sintomi includono cefalee, insonnia, problemi respiratori, alterazioni metaboliche e disturbi neurologici. I principali fattori di rischio identificati sono l’età avanzata, la presenza di patologie croniche o comorbidità, il fumo e l’alcol. Tra le province lombarde, Bergamo è stata inizialmente una delle più colpite, ma ha successivamente registrato una stabilizzazione dei contagi e una riduzione di ricoveri e mortalità.
La pandemia ha causato anche gravi interruzioni nell’erogazione dei servizi sanitari. Le restrizioni alla mobilità, le politiche di distanziamento sociale e la paura del contagio hanno portato a un aumento delle esigenze sanitarie non soddisfatte. Questo fenomeno ha colpito in particolare le fasce di popolazione più vulnerabili, come gli anziani e i pazienti cronici. Il calo dell’assistenza ambulatoriale ha avuto un impatto significativo, riducendo l’accesso a screening, prevenzione e cure primarie.
Secondo i modelli di sanità pubblica, l’assistenza ambulatoriale ha registrato una perdita cumulativa di circa il 25%, con un ritardo medio accumulato di 4,5 mesi standard. Questi ritardi hanno contribuito a congestionare i servizi sanitari anche dopo la fine della pandemia, una situazione che il recente decreto “liste di attesa” cerca di affrontare.
Il progetto Pascnet ha messo in evidenza come la pandemia abbia non solo trasformato il panorama sanitario, ma anche creato nuove sfide per il SSN. I risultati dello studio offrono spunti utili per migliorare la gestione delle emergenze sanitarie future, evidenziando la necessità di un sistema più resiliente e capace di rispondere alle esigenze dei pazienti, anche nel lungo periodo.