I dati recentemente emersi dall’European Regional Obesity Report 2022, redatta dall’Oms, mostrano una situazione a dir poco preoccupante per il nostro paese, il quale si ritrova a essere nei primi posti della classifica europea per numero di casi di obesità infantile.
Secondo questi dati, in Europa, circa un bambino su tre (in età scolare) convive con obesità e sovrappeso.
Piernicola Garofalo, medico endocrinologo con specializzazione in Malattie del ricambio e a capo della Commissione endocrinologia pediatrica Ame (Associazione medici endocrinologi) ha commentato la situazione, in riferimento ai dati dell’Oms, dichiarando: “Pregiudizi e una narrativa fondata sullo stigma del peso guidano ancora troppo spesso l’approccio all’obesità ed al sovrappeso, specie in età evolutiva. Ciò paradossalmente contribuisce a far crescere i casi di obesità, alimentando un disagio personale e relazionale specie fra i bambini e gli adolescenti che si sentono grassi, inappropriati, sviluppano una dimensione di emarginazione e vivono con disagio le interazioni sociali a scuola, nell’attività sportiva, arrivando perfino a sviluppare disturbi del comportamento alimentare”.
L’Italia, come già detto, si ritrova per l’ennesimo anno nei primi della classifica per incidenza di questa, a tutti gli effetti, patologia.
Secondo l’ultimo Report dell’Oms, infatti, l’Italia ha la percentuale più elevata, pari al 42%, di bimbi in sovrappeso e obesi nella fascia di età che va dai 5 ai 9 anni, mentre si colloca al quarto posto della classifica nella classe di età che va dai 10 ai 19 anni, con il 34,2% dei giovani affetti. Accanto alle misure individuate dall’Oms e dell’Europa “per contrastare le proiezioni attuali e aiutare a prevenire il peggioramento di questa silenziosa epidemia”, come, ad esempio promuovere l’attività fisica, rafforzare la prevenzione e la regolamentazione dell’industria alimentare e delle bevande, secondo il professore Piernicola Garofalo “è altresì necessario lavorare per non far passare più l’idea di obesità come un problema, ma vederla e raccontarla nel suo insieme, ossia come una concreta, minacciosa premessa per una molteplicità di problemi di salute, potenzialmente gravi, ma assolutamente modificabili”.
Per prevenire il problema e un numero di casi così elevato, secondo gli esperti, è opportuno ripartire dall’educazione delle famiglie, degli educatori e anche dei professionisti sanitari per far sì che si porti avanti una visione diversa e si abbia una maggiore consapevolezza del problema. Responsabilizzare i ragazzi, incoraggiandoli a prendersi cura della propria salute e del proprio organismo, spiegandogli come è possibile prevenire il problema e informandoli delle conseguenze dell’obesità di oggi è, inoltre, un passo fondamentale da fare verso la soluzione e la diminuzione dei casi. “Non dimentichiamo poi di prestare attenzione alle risorse emotive in modo che tutte le comorbidità legate all’obesità (diabete, epatopatie, dislipidemie, artropatie, pneumopatie, malattie cardiovascolari) vengano definitivamente allontanate anche dal suo inconscio immaginario” ha aggiunto sempre il dottor Garofalo, il quale ha poi concluso dicendo: “Nel giovane è importante alimentare concetti positivi di salute e benessere anziché idee di malattia o gap verso il gruppo dei pari evitando, per esempio, di mortificare il bambino per il suo peso o per lo sgarro a tavola come anche di complimentarsi con lui per avere invece perso peso. Contrastare l’obesità significa quindi attivare solide e durature politiche sociali, oltre che lavorare per potenziare un approccio multidisciplinare e multi specialistico, che veda sempre più il coinvolgimento e la collaborazione tra le varie figure chiave nella crescita e nelle tappe evolutive del bambino, nonché nell’uso, quando appropriato, di terapie mediche oggi disponibili e sempre più efficaci e personalizzate”.
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