Ci sono persone che soffrono di linfedema. Si tratta di un ristagno di linfa nei vari distretti dell’organismo, espressione di un blocco o di una compromissione del sistema linfatico. Sono diverse le cause. Il linfedema primario nasce da anomalie congenite a carico del sistema linfatico. Il linfedema secondario può, invece, portare a patologie (adenopatie, diabete, linfangite, cellulite batterica, erisipela, filariosi linfatica) o derivare dalla rimozione chirurgica dei linfonodi (eseguita, per esempio, per asportare masse tumorali). Ma quali sono i sintomi? Quello più ricorrente del linfedema è il gonfiore a un braccio o a una gamba. Tra gli altri sintomi ci sono l’alterazione della cromia della pelle, difficoltà a muovere l’arto colpito, pelle suscettibile alle infezioni, prurito e tensione della pelle. Detto questo, non esiste una terapia risolutiva del tutto. Per migliorare i sintomi del linfedema, è raccomandata la terapia complessa decongestiva (linfodrenaggio, bendaggio, pressoterapia, tutori elastici). Infine, la chirurgia è riservata ai casi estremamente gravi.
Il linfedema interessa gli arti inferiori o superiori, nonostante possa verificarsi in qualsiasi parte del corpo, compresi genitali, viso, collo, torace, bacino e cavità orale. Accade questo: quando il normale flusso linfatico viene ostacolato, il liquido si accumula, originando il tipico gonfiore che caratterizza il linfedema e può portare a cambiamenti della pelle e dei tessuti. Segni e sintomi di linfedema includono anche sensazione di pesantezza, tensione, indolenzimento o deficit funzionale dell’arto coinvolto. Ci sono molte sequele psicologiche e fisiche legate a una diagnosi di linfedema. Come detto, esiste il linfedema primario, che può essere congenito. Si tratta di una particolare forma di occlusione linfatica evidente fin dalla nascita. Il linfedema congenito è una condizione tipica del sesso femminile e coinvolge quasi esclusivamente le gambe. Il linfedema primario può essere precoce o tardo (un soggetto affetto manifesta i primi sintomi dopo i 35 anni d’età).
È chiamata così perché è secondaria a svariate patologie. Quindi, rappresenta una disfunzione acquisita dei vasi linfatici, in origine sani e perfettamente funzionanti. Colpisce entrambi i sessi e a livello mondiale, la causa più frequente del lindefema secondario è la filariosi linfatica, infezione a carico di linfonodi e vasi linfatici, provocata dal parassita Wuchereria bancrofti. Il linfedema secondario può essere causato anche da altre patologie come adenopatie (o linfoadenopatie), diabete, linfangite, cellulitebatterica ed erisipela. Inutile dire che l’efficienza del sistema linfatico è indispensabile per proteggere l’organismo dalle infezioni: in presenza di linfedema, la funzione di difesa viene indebolita e il corpo è vulnerabile. Ma come si cura? È stato già accennato. Non ne esiste una risolutiva del tutto.
Oggi la cura prevede accorgimenti e attività in grado di favorire lo scarico della linfa verso la radice dell’arto, quali il controllo del peso, la fisioterapia decongestiva, il bendaggio e l’utilizzo di un indumento compressivo su misura, da cambiare periodicamente. Infine, c’è la chirurgia. Si possono eseguire anastomosi linfatico-venose, ovvero collegare con tecnica super-microchirurgica i vasi linfatici ostruiti a piccole venule. In questo modo, la linfa si scarica nel sistema venoso e il gonfiore si riduce. È bene sapere che l’intervento comporta incisioni di circa due centimetri ed è poco invasivo per il paziente.
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