La legionella è tornata a far parlare si sé. Conosciuta anche con il nome di Malattia del Legionario, è al centro del dibattito soprattutto in Gran Bretagna. Il motivo? È stata provata la presenza del batterio della Legionella all’interno delle tubazioni della Bibby Stockholm, la chiatta sulla quale il Governo britannico vorrebbe mettere i richiedenti asilo. Un’operazione che già aveva sollevato parecchi dubbi e che ora è stata, momentaneamente, congelata a causa dei possibili rischi per la salute.
Ma cos’è la legionella? E quali infezioni può provocare?
La legionella è un’infezione polmonare causata, appunto, da un batterio. La malattia deve il suo nome un’epidemia diffusa si nel 1976 tra i partecipanti al raduno della Legione Americana al Bellevue Stratford Hotel di Philadelphia. In quell’occasione, 221 persone contrassero una forma di polmonite mai conosciuta prima e 34 delle persone colpite morirono.
A spiegare come si possa contrarre la legionella è l’Istituto Superiore di Sanità. La legionellosi è causata nel 90% dei casi dal batterio legionella, del quale sono state identificate più di 60 specie diverse suddivise in 71 sierotipi. Le legionelle sono presenti negli ambienti acquatici naturali e artificiali: acque sorgive, comprese quelle termali, fiumi, laghi, fanghi, ecc. Da questi ambienti raggiungono quelli artificiali, come condotte cittadine e impianti idrici degli edifici, quali serbatoi, tubature, fontane e piscine, che possono agire come amplificatori e disseminatori del microrganismo, creando una potenziale situazione di rischio per la salute umana. La legionellosi viene normalmente acquisita per via respiratoria mediante inalazione, aspirazione o microaspirazione di aerosol contenente legionella, oppure di particelle derivate per essiccamento.
Ci sono alcuni fattori che aumentano la possibilità di contrarre la legionella. Stiamo parlando di:
La legionella può manifestarsi in due diversi modi. Nei casi meno gravi si parla di febbre di Pontiac. La malattia si manifesta uno o due giorni dopo il contagio e si risolve solitamente in meno di cinque giorni. Ha sintomi simil-influenzali, con malessere generale, mialgie e cefalea, seguiti rapidamente da febbre, a volte con tosse e gola arrossata. Nei casi, invece, più gravi si è di fronte alla legionellosi vera e propria. Ha un periodo di incubazione mediamente più lungo, che può arrivare fino a dieci giorni. Si manifesta come una polmonite infettiva e non si distingue, per caratteristiche, dalle altre polmoniti. Nei casi gravi può insorgere bruscamente con febbre, dolore toracico, dispnea, cianosi, tosse.
Il trattamento della legionellosi, essendo una malattia di origine batterica, passa soprattutto attraverso terapie antibiotiche. Di solito, viene somministrato un fluorochinolone, come la levofloxacina o la moxifloxacina, per via endovenosa o per bocca per un periodo di 7-14 giorni e, in presenza di grave compromissione del sistema immunitario, a volte fino a 3 settimane. Al contrario, tutte le betalattamine, i carbapenemi, gli aminoglicosidi ed il cloramfenicolo sono inutili per il trattamento delle legionellosi in quanto non raggiungono concentrazioni intracellulari in grado di esplicare un effetto antibatterico.
Il tasso di mortalità correlata all’infezione da legionella, spiega l’Istituto Superiore di Sanità, dipende da alcuni fattori specifici (come la gravità della malattia, l’appropriatezza del trattamento antibiotico iniziale, il luogo in cui è stata contratta l’infezione, le condizioni pregresse del paziente) e può variare dal 40-80% nei pazienti immunodepressi non trattati, al 5-30% in caso di un appropriato trattamento della patologia. Complessivamente la letalità della legionellosi si aggira tra il 5% e il 10%.
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