Le terapie CAR-T possono provocare tumori del sangue: lo studio

Si tratta di una terapia che, nel giro di pochi anni, ha cambiato le prospettive per malati con tumori del sangue inguaribili

Le terapie CAR-T, che sono state rivoluzionare per curare diversi tipi di tumori del sangue, possono a loro volta provocare un tumore. Come riporta il Corriere della Sera, si tratta di un’eventualità che sta emergendo con il sempre più ampio utilizzo di queste terapie. Ed è anche stato, di recente, fatto uno studio sulla rivista New England Journal of Medicine, firmato dagli scienziati americani della Georgetown University, sia un report a cura della Società italiana di ematologia (Sie) pubblicato sul British Journal of Haematology.

Sangue
Sangue | pixabay @GCMpublicitat

Per iniziare a parlare di tutto questo, bisogna prima spiegare cosa siano le CAR-T. Si tratta di una terapia che, nel giro di pochi anni, ha cambiato le prospettive per malati con tumori del sangue inguaribili, che non erano riusciti a ottenere risultati con tutte le altre cure disponibili, e che ora possono riuscire a guarire. “Grazie ai risultati ottenuti le CAR-T hanno acceso grandi speranze, ma si tratta di un’opzione terapeutica da ‘maneggiare con cura’ – ha detto al Corriere della Sera Paolo Corradini, presidente della Società italiana di ematologia –: gli effetti collaterali (che possono essere molto gravi, anche letali) vengono gestiti sempre meglio, ma servono Centri e personale altamente qualificati. Oggi fanno parte delle strategie di routine utilizzate anche in diversi ospedali italiani, per differenti tipi di neoplasie ematologiche”.

La tecnica

Parlando sempre delle terapie CAR-T, la tecnica consiste nel prelevare, in modo semplice, dal sangue del singolo paziente i suoi linfociti T, che non sono più capaci di lottare contro il tumore, per rafforzarli in laboratorio. Con tecniche di ingegneria genetica nei linfociti T viene indotta (attraverso l’introduzione del recettore CAR, che sta per Chimeric antigen receptor) la capacità di riconoscere e uccidere specificamente le cellule cancerose. Così rimaneggiati e potenziati, i linfociti vengono reinfusi nel paziente e cominciano la loro battaglia contro il cancro. Se tutto questo va a buon fine, si arriva alla completa guarigione.

I tumori secondari: lo studio italiano

Però, adesso c’è appunto uno studio che getta ombra su questa terapia. Infatti, sempre come riporta il Corriere della Sera, a novembre 2023 ha annunciato che queste terapie possono provocare tumori secondari e a gennaio 2024 anche l’Agenzia europea ha reso noto d’aver avviato una revisione sulla sicurezza delle CAR-T. “Sappiamo bene che ogni cura può avere degli effetti collaterali, più o meno frequenti – ha spiegato Paolo Corradini, ordinario di Ematologia all’Università di Milano e a capo della Divisione di Ematologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori milanese –. Abbiamo ormai imparato a conoscere e maneggiare quelli delle terapie più ‘vecchie’ (come chemio e radioterapia, per esempio), mentre per le più recenti CAR-T (arrivate ai malati circa 12 anni fa) stiamo raccogliendo i dati con il passare del tempo”.

E ancora: “Lo studio che abbiamo recentemente pubblicato mirava proprio a documentare l’incidenza di tumori secondari nei pazienti sottoposti a CAR-T. Abbiamo analizzato i casi di 651 pazienti italiani trattati in 21 ospedali del nostro Paese e fra questi 28 (cioè il 4,3%) hanno avuto un tumore secondario. Una percentuale simile a quella già registrata da altre indagini e, sempre in linea con altri studi internazionali, si tratta per lo più di altri tumori del sangue (leucemie e sindromi mielodisplastiche)”.

Un’evenienza rara

Detto questo, allora quanto devono preoccuparsi i pazienti che hanno già ricevuto queste cure? Ha risposto sempre Corradini: “Non devono assolutamente allarmarsi. Si tratta di un’evenienza assai rara e per i malati gli attuali benefici superano di gran lunga il pericolo. I tumori secondari erano considerati un importante rischio potenziale delle CAR-T già al momento della loro autorizzazione ed erano inclusi nei piani di gestione del rischio. Ovvero, sapevamo già che il trasferimento del gene CAR nei linfociti T può potenzialmente provocare una mutazione nei linfociti stessi con una loro trasformazione cancerogena”.

Plasma
Plasma | pixabay @geralt

Infine: “Ancora non sappiamo quali fattori possano portare a questa complicanza, ma si stanno facendo molti studi e c’è grande attenzione. Va anche detto che sono davvero pochissimi, tra i secondi tumori post-CAR-T, quelli in cui è stata dimostrata la presenza del transgene. Infine, bisogna ricordare che purtroppo anche la chemio e la radioterapia hanno un rischio di secondi tumori visto che sono agenti tossici sul Dna”.

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