Le origini del SARS-CoV-2 rimangono incerte: l’OMS, virologi e scienziati analizzano le ipotesi. Ecco quali sono
Lo dico con chiarezza: per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tutte le ipotesi restano aperte». Con queste parole, nel 2021, il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, aveva ribadito che, a un anno dall’inizio della pandemia da coronavirus, non vi erano ancora certezze sull’origine del virus che, in quel momento, aveva già causato almeno 3 milioni di vittime. Oggi, a distanza di cinque anni, il numero dei morti da COVID-19 ha superato i 7 milioni, senza contare quelli non registrati, e il mistero sulle origini del SARS-CoV-2 rimane irrisolto.
Nel corso degli anni, virologi, epidemiologi, scienziati, istituzioni sanitarie e governi hanno dibattuto e talvolta si sono scontrati su quale sia stata la vera origine del virus che ha segnato in modo indelebile la storia recente. Le teorie più accreditate restano tre: una trasmissione naturale, una fuga accidentale da un laboratorio o un evento legato alla ricerca su armi biologiche. Se le prime due ipotesi sono quelle più discusse in ambito scientifico, la terza ha generato una serie di teorie spesso poco fondate, basate più su supposizioni e coincidenze che su dati scientifici concreti e verificabili.
Secondo molti scienziati, l’origine naturale del virus resta l’ipotesi più plausibile, sulla base di quanto già osservato con altri coronavirus. Questi virus tendono a passare dagli animali agli esseri umani attraverso mutazioni casuali e adattamenti evolutivi. In particolare, il SARS-CoV-2 condivide molte caratteristiche con i coronavirus presenti nei pipistrelli, tanto che la sua origine viene ricondotta proprio a questi mammiferi.
Ciò che rende il SARS-CoV-2 unico, però, è la sua straordinaria capacità di legarsi alle cellule umane e di penetrarle con grande facilità. Queste caratteristiche lo hanno reso estremamente contagioso e pericoloso, distinguendolo dai coronavirus precedenti, come quello della SARS, che tra il 2002 e il 2004 provocò un’epidemia in Asia.
Le peculiarità del virus hanno portato alcuni scienziati a ipotizzare che potesse essere stato manipolato in laboratorio per aumentarne la contagiosità. A febbraio 2020, in una riunione tra esperti di virologia, si è discusso di questa possibilità, ma successive analisi hanno ridimensionato l’ipotesi. Studi su altri virus hanno dimostrato che anche in natura possono evolversi caratteristiche simili a quelle del SARS-CoV-2, rendendo meno probabile l’ipotesi della creazione artificiale.
Negli Stati Uniti, la questione è diventata terreno di scontro politico. Nel corso di varie audizioni al Congresso, l’ex direttore del NIAID, Anthony Fauci, è stato accusato di aver minimizzato l’ipotesi della fuga da un laboratorio, scatenando polemiche che si sono protratte per anni. Nel frattempo, indagini indipendenti hanno individuato possibili origini del virus in una caverna della provincia cinese dello Yunnan, dove nel 2013 erano state rinvenute sequenze genetiche simili al SARS-CoV-2 in escrementi di pipistrelli. Tuttavia, non è mai stato trovato un virus completo in grado di spiegare con certezza la pandemia.
Un elemento chiave della teoria della fuga da laboratorio è il coinvolgimento dell’Istituto di Virologia di Wuhan, noto per le sue ricerche sui coronavirus. Alcuni scienziati hanno ipotizzato che il virus possa essere stato trasportato a Wuhan per studi di laboratorio e che da lì sia accidentalmente sfuggito, forse infettando uno degli operatori del centro di ricerca.
Questa ipotesi, però, presenta delle criticità: il virus trovato nei pipistrelli non era un ceppo completo e per produrre un coronavirus pandemico servirebbero tecnologie avanzate e dati genetici che, secondo gli scienziati, non erano disponibili all’epoca.
Un’ipotesi alternativa è che il virus sia passato dai pipistrelli a un’altra specie animale prima di infettare gli esseri umani. Per anni i pangolini sono stati considerati un possibile ospite intermedio, ma studi recenti indicano che anche i cani procione potrebbero aver avuto un ruolo cruciale. Questi animali, venduti nei mercati di Wuhan, potrebbero aver fatto da tramite, permettendo al virus di adattarsi all’uomo.
Tuttavia, la mancanza di dati certi sulle condizioni dei mercati di Wuhan alla fine del 2019 rende impossibile confermare questa teoria. Il mercato è stato chiuso e sanificato rapidamente dalle autorità cinesi, impedendo agli scienziati di raccogliere prove decisive.
Dal 2020, l’OMS ha chiesto ripetutamente al governo cinese di condividere informazioni utili a chiarire le origini della pandemia. Tuttavia, la trasparenza delle autorità di Pechino è stata limitata e, secondo alcuni analisti, motivata dalla volontà di evitare responsabilità politiche e diplomatiche.
Nel 2021, un rapporto dell’intelligence statunitense ha evidenziato divisioni tra le agenzie governative riguardo alle origini del virus: mentre l’FBI ha sostenuto con «moderata fiducia» l’ipotesi della fuga da laboratorio, la CIA è rimasta più cauta. Indagini condotte dal Congresso hanno tentato di approfondire la questione, ma l’assenza di dati certi ha reso difficile trarre conclusioni definitive.
Uno degli elementi più discussi nel dibattito sull’origine del SARS-CoV-2 è il Project Defuse, un progetto proposto nel 2018 da ricercatori statunitensi e cinesi alla DARPA (Agenzia statunitense per i progetti di ricerca avanzata di difesa). Il progetto mirava a studiare le modifiche genetiche dei coronavirus per comprendere meglio il loro comportamento. Anche se non venne mai finanziato, alcuni ritengono che esperimenti simili possano essere stati comunque condotti.
Nel marzo 2023, un nuovo studio ha fornito ulteriori indizi sull’origine naturale del virus. Ricostruire le origini del SARS-CoV-2 potrebbe richiedere anni, se non decenni. L’OMS ha pubblicato nuove linee guida per affrontare future pandemie e migliorare la trasparenza nella raccolta dei dati epidemiologici. Tuttavia, il mistero sulle origini del coronavirus potrebbe non essere mai completamente risolto.
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