La stagione dei pollini ha una durata sempre più lunga: ecco chi è il responsabile e tutto ciò che c’è da sapere a proposito

La stagione delle allergie sta diventando un fenomeno sempre più preoccupante in Italia e non solo, e il cambiamento climatico gioca un ruolo cruciale nell’allungamento e nell’intensificazione della stagione dei pollini. Recenti ricerche evidenziano un incremento della durata della stagione pollinica di oltre un mese e mezzo, con gravi ripercussioni su coloro che soffrono di allergie, in particolare bambini e anziani. Attualmente, circa uno su cinque bambini in Italia è affetto da asma, mentre il 17% degli over 65 presenta problemi respiratori, aumentando il rischio di mortalità associato all’esposizione ai pollini.
Riscaldamento globale e pollini
Durante il congresso “Libero Respiro”, organizzato dalla Società italiana di allergologia e immunologia clinica (Siaaic) a Cetara, esperti del settore hanno sottolineato come il riscaldamento globale e la diminuzione delle giornate di gelo stiano contribuendo a questo fenomeno. Nel 2023, si sono registrati dieci giorni in più senza gelo rispetto alla media del trentennio 1991-2020, permettendo una crescita più rapida delle piante e, di conseguenza, una maggiore produzione di pollini. Vincenzo Patella, presidente della Siaaic, ha dichiarato: “Meno giorni con temperature sottozero danno più tempo alle piante di crescere e rilasciare i pollini. Con il riscaldamento globale, la stagione critica per le allergie è destinata a diventare sempre più lunga”.
Inquinamento e salute
L’effetto del cambiamento climatico non si limita alla lunghezza della stagione pollinica. Infatti, l’inquinamento atmosferico intrappola il calore e contribuisce ad aumentare la produzione di pollini. Secondo uno studio americano condotto nel 2022, si prevede che alla fine del secolo la produzione di pollini potrebbe aumentare fino al 200% a causa dei livelli crescenti di CO2 nell’aria. Questo dato allarmante mette in evidenza come il cambiamento climatico influisca non solo sulla salute ambientale, ma abbia anche conseguenze dirette sulla salute umana.
In Italia, si stima che il 28% della popolazione soffra di allergie respiratorie, un numero in crescita che coinvolge anche persone senza predisposizione genetica. I dati Istat confermano un incremento dell’incidenza dei nuovi casi dal 11% nel triennio 2018-2020 al 16% nel 2024. Le riniti allergiche, in particolare, hanno raggiunto un’incidenza complessiva che sfiora il 28%.
Misure preventive e gestione delle allergie
Per affrontare questa crescente problematica, gli esperti hanno elaborato un decalogo per ridurre la quantità di pollini nelle città, senza sacrificare il verde pubblico. Ecco alcune raccomandazioni:
- Scegliere piante che producono meno polline;
- Gestire il verde pubblico con falciature notturne e in giornate poco ventilate;
- Monitorare l’ambiente per identificare i periodi di maggiore suscettibilità.
Inoltre, associazioni come Assosalute hanno lanciato iniziative per educare la popolazione sulla gestione delle allergie respiratorie. Tra i suggerimenti proposti c’è l’importanza di intervenire tempestivamente ai primi sintomi e considerare i vaccini antiallergici, che possono essere avviati già durante l’età scolare, per ridurre i sintomi e garantire benefici a lungo termine.
È fondamentale consultare un medico di famiglia per una diagnosi accurata e, se necessario, rivolgersi a un allergologo per un trattamento specifico. Queste misure e raccomandazioni pongono l’accento sulla necessità di una maggiore consapevolezza riguardo alle allergie, incoraggiando una gestione proattiva e informata del problema, per un futuro in cui la salute respiratoria possa essere preservata nonostante le sfide poste dal cambiamento climatico.