Un recente studio italiano, promosso da Fondazione Cmcc, sembra aver trovato dei collegamenti tra una dieta equilibrata e la capacità di ridurre le emissioni di CO2 nell’aria, in modo tale da fare del bene anche al pianeta.
Lo studio, denominato “Good for heart, good for the Earth” e portato avanti grazie alla collaborazione di diversi istituti italiani, coordinati dalla Fondazione Cmcc e dall’Unità di ricerca su nutrizione, diabete e metabolismo, è stato pubblicato sulla rivista “Nutrition, metabolism and cardiovascular disease” e propone l’adozione di un modello alimentare pratico e adatto a tutta la popolazione mondiale sana, in modo tale da diminuire l’assunzione di zuccheri, prodotti di origine animale, calorie e grassi che portano danni alla salute e al pianeta durante la produzione.
La ricerca è stata sviluppata creando dei raggruppamenti dei cibi più consumati al mondo, dividendoli in sottogruppi in base alle loro proprietà nutrizionali. Successivamente è stato utilizzato un database in grado di collegarli al rischio di malattie cardiovascolari, in modo tale da permettere di creare una tabella per classificare gli alimenti dai meno ai più pericolosi per la salute.
Tra gli alimenti più sani, che portano a un minore rischio di sviluppare malattie cardiovascolari troviamo: frutta fresca, cerali integrali e cereali raffinati a basso indice glicemico.
Inoltre sono stati individuati alimenti che rappresentano un rischio minore, ma solo se consumati in quantità ridotte. Tra questi, invece, troviamo: pesce, carne bianca, formaggio, legumi, uova, noci, oli vegetali e cioccolato.
Tra gli alimenti associati a un rischio più alto di sviluppare malattie cardiovascolari, invece, troviamo: carne rossa, cereali raffinati con alto indice glicemico, patate, grassi animali, oli vegetali tropicali e carni lavorate.
Da questi dati si può assumere che la dieta mediterranea è la migliore per quanto riguarda il consumo di prodotti vegetali, anche se sarebbe opportuno diminuire il consumo di carne rossa, carne lavorata, latte e formaggi. La combinazione di questi alimenti, oltre ad essere potenzialmente dannosa per l’organismo, rappresenta circa il 70% dell’apporto di carbonio settimanale.
Secondo diversi studi, circa il 37% delle emissioni di gas serra è legato alla produzione all’interno dei sistemi alimentari. I gas peggiori per l’atmosfera, come metano, anidride carbonica e protossido di azoto, infatti, vengono fortemente prodotti, tra le altre cose, anche dalla gestione del letame, dalla produzione di riso, dal trasporto e dalla lavorazione dei prodotti e dall’utilizzo di fertilizzanti sintetici.
Recenti stime hanno portato alla luce un dato interessante: le emissioni di gas serra dovute alla produzione alimentare di origine animale sono circa il doppio rispetto a quelle dovute alla produzione di origine vegetale.
Secondo le Nazioni Unite, con l’aumento della popolazione mondiale, la produzione alimentare dovrà aumentare di circa il 70% entro il 2050 per riuscire a soddisfare il fabbisogno, il che porterebbe ad un aumento delle emissioni di gas serra di circa l’87%.
Per questa ragione è fondamentale comprendere l’importanza di ciò che si mangia e dell’impatto che questo ha sulla propria salute e su quella dell’intero pianeta. L’auspicio è quello di vedere, in un futuro il più vicino possibile, una maggiore consapevolezza e desiderio di fare e farsi del bene, partendo proprio dalla tavola.
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