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La depressione post partum esiste anche per i papà

Per due uomini su dieci la paternità non è rose e fiori: l’umore viene messo a dura prova dopo la nascita di un figlio e nel 10% dei casi si parla di depressione post partum al maschile.

Che i primi mesi di paternità siano felici, ma anche difficili – tra ansia, mancanza di sonno, stanchezza e nervosismo – è un conto, e si può dire che rientri nella normalità.

L’arrivo di un bebè, infatti, comporta cambiamenti profondi, c’è un nuovo ruolo da rivestire e responsabilità maggiori.

Il discorso cambia quando ansia, stanchezza e nervosismo non solo non accennano a diminuire nel giro di sei mesi / un anno, ma si amplificano.

Il confine tra una situazione di normale adattamento e una depressione post natale sono apatia perenne, angoscia, disturbi d’ansia, attacchi di panico, disturbi dell’appetito o del sonno anche quando il bambino dorme per più ore consecutive. Nei casi più seri si sfocia fino all’abuso di sostanze, disturbi di dipendenzacondotte violente.

Foto | Pixabay @rebcenter-moscow

«Bisogna fare attenzione, infatti, a non usare gli stessi parametri di valutazione del malessere femminile che si manifesta in tutt’altro modo, un aspetto che tipicamente porta a sottostimare il problema.

Un atteggiamento aggressivo, ad esempio, può non far pensare a una depressione che ricolleghiamo piuttosto a lacrime e tristezza, invece è tra i sintomi più precoci» afferma Stefano Porcelli, psichiatra, psicoterapeuta, responsabile dell’area di salute mentale del Centro medico Santagostino di Bologna.

Depression post partum, perché succede?

La depressione post partum delle mamme ad esempio si sa che è il risultato di una complessa interazione tra fattori psicologici e ormonali.

Ebbene, per gli uomini succede la stessa cosa anche se in percentuali diverse. Non subiscono le alterazioni ormonali delle mamme, ma anche i padri registrano dei cambiamenti: dopo la nascita si assiste a un calo del testosterone e un aumento dell’ossitocina, un neurotrasmettitore che promuove la formazione di legami e comportamenti di accudimento.

Qui giocano un ruolo più rilevante i fattori psicologici. Diventare genitore è un cambiamento che comporta una totale ridefinizione del sé a cui l’uomo spesso non arriva preparato e il passaggio può risultare più brusco.

Nel caso dei futuri padri, l’ansia può derivare da un surplus di responsabilità, a maggior ragione in un periodo di difficoltà economica, o da precedenti problemi di salute mentale.

«Non a caso, infatti, vengono spesso riconosciuti come disturbi di adattamento al periodo – commenta Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di salute mentale dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano e presidente della Società Italiana di Psichiatria, che presso la sua struttura sta portando avanti un progetto di sostegno all’intera famiglia verso la genitorialità -.

Il fenomeno è più evidente quando si ha il primo figlio e la compagna è già stata colpita da una depressione post-partum.

Come si può curare?

La buona notizia è che si può uscirne e le strategie di intervento per combattere la depressione post natale sono diverse, ma sono accumunate da un primo step: non chiudersi in sé stessinon nascondere il problema.

Qui la compagna ha un ruolo molto importante, almeno se non manifesta anche lei difficoltà ad adattarsi al nuovo ruolo. Dovrebbe essere il più possibile accogliente, disponibile all’ascolto, mettere da parte atteggiamenti di accusa o squalificanti, cercare di coinvolgere il compagno nella cura del bambino, gratificarlo per le cose che fa bene.

Quando la famiglia e le amicizie non sono sufficienti, è utile intraprendere un percorso di psicoterapia con uno specialista per un sostegno individuale, o di coppia se lo si ritiene opportuno.

È necessario trovare per il padre uno spazio dove può essere ascoltato liberamente, svincolato da sensi di colpa e lasciare emergere timori, angosce, fantasie e speranze.

Si può integrare un trattamento farmacologico per ridurre la sintomatologia depressiva, ansiosa, le difficoltà relazionali; questo è un intervento che non va demonizzato, ma visto come un’opportunità di cura.

Foto | Pixabay @sa_fa_e02
Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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