A Palermo una ragazza si è sentita male durante la lezione all’Università. “Una nausea fortissima, le labbra nere, un forte pallore, mani e gambe intorpidite”, ha raccontato. Ha chiesto di essere portata all’ospedale di Alcamo, il suo paese d’origine. E lì è arrivata la conferma dei suoi sospetti: ipotermia . Da almeno due settimane nell’aula dell’università di Palermo, in cui frequenta un corso di specializzazione per diventare insegnante di sostegno, non funzionavano i riscaldamenti. Tanto da compromettere la salute della studentessa. Qualche giorno prima c’era stato un caso analogo, sempre a Palermo, con una bambina di quinta elementare della scuola Emanuela Loi, che non era stata bene. “Ho temuto di perderla”, le parole della madre
Insomma, non proprio due bellissime esperienze. Ma cos’è l’ipotermia? È una condizione di emergenza in cui il corpo perde calore più velocemente di quanto rapidamente lo produca. Questa situazione porta a una pericolosa diminuzione della temperatura corporea, che scende al di sotto dei 35 °C. A queste temperature il cuore, il sistema nervoso e altri organi non riescono a funzionare correttamente. In molte circostanze, l’ipotermia è causata dall’esposizione a una bassa temperatura atmosferica o dall’immersione in acqua fredda. Il suo sintomo principale sono i brividi, cui possono aggiungersi capogiri, fame, nausea, respirazione accelerata, difficoltà a parlare e un lieve senso di confusione, perdita della coordinazione, aumento della frequenza cardiaca e affaticamento. In casi più gravi è possibile che il polso rallenti e che si perda progressivamente conoscenza.
Quando il corpo va in ipotermia, si deve cercare di riportare la temperatura corporea della vittima nei valori normali. Naturalmente le misure di primo soccorso da adottare nel trattamento di una vittima in ipotermia dipendono dalle manifestazioni cliniche. Ci sono cose da non fare, come strofinare o massaggiare il paziente, somministrare alcolici, usare borse di acqua calda o fare al paziente un bagno caldo, trattare geloni o parti in stato di congelamento. Invece, se lo stato neurologico è alterato, bisogna muovere la vittima con cautela per limitare l’afflusso di sangue freddo dagli arti verso il cuore. Oppure è meglio coprire il paziente con indumenti asciutti, coprire il capo con un berretto o dividere il calore corporeo con la vittima ponendosi insieme in un letto, o un sacco a pelo. Durante l’ipotermia, il cuore diventa suscettibile di aritmie.
Fondamentale, naturalmente, l’intervento dei medici. Possono intervenire con l’emodialisi o una flebo per riscaldare il sangue, oppure attraverso la somministrazione di ossigeno umidificato o l’uso di una soluzione salina calda per riscaldare alcune aree del corpo, ad esempio la cavità addominale. Una curiosità: in Svezia una radiologa, Anna Elisabeth Johansson Bagenholm, è sopravvissuta dopo un incidente di sci in seguito, dopo essere rimasta intrappolata sotto uno strato di ghiaccio, addirittura per un’ora e 20 minuti, in acqua gelida. Durante tutto questo tempo è andata in ipotermia estrema e la sua temperatura corporea è scesa a 13,7 °C. Ed è stata la temperatura corporea più bassa mai registrata in un sopravvissuto a ipotermia accidentale. Ma nel Natale 2010 una bambina di sette anni, anche le svedese, è sopravvissuta a 13 °C di temperatura.
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