Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) quasi 1,3 miliardi di adulti, di età compresa tra i 30 e i 79 anni, soffrono di ipertensione (pressione alta) e, dal 1990, il numero di persone affette da ipertensione è raddoppiato a livello globale.
Diversi sono i fattori che aumentano il rischio di ipertensione, tra questi troviamo l’età (più comune dopo i 65 anni), l’etnia (alcuni gruppi etnici sono più inclini all’ipertensione di altri), il peso (l’obesità è un fattore di rischio primario per l’ipertensione), l’uso regolare di alcol e tabacco.
Fattori sono anche il sesso (i maschi hanno un rischio maggiore di sviluppare l’ipertensione rispetto alle femmine, tuttavia ciò avviene solo fino a quando le donne non raggiungono la menopausa) e le condizioni di salute esistenti: malattie cardiovascolari, diabete, malattie renali croniche e livelli elevati di colesterolo possono portare all’ipertensione, soprattutto con l’avanzare dell’età.
Un fattore meno riconosciuto che può far aumentare la pressione sanguigna è la sensibilità al sale, la tendenza dell’organismo a trattenere il sale piuttosto che espellerlo attraverso i reni.
Qui, attraverso una revisione dei dati epidemiologici pubblicata su HypertensionTrusted Source suggerisce che le donne di tutte le età e di tutte le etnie sono più sensibili al sale rispetto agli uomini; inoltre la tendenza a trattenere più sale aumenta dopo la menopausa.
Il sale è composto per circa il 40% da ioni di sodio e per il 60% di ioni cloruro. Giornalmente abbiamo bisogno di circa 500 mg – 1/4 di cucchiaino di sale – al giorno per condurre gli impulsi nervosi, contrarre e rilassare i muscoli e mantenere il corretto equilibrio di acqua e minerali.
La maggior parte delle persone assume più sodio di quanto ne abbia realmente bisogno: nei paesi a più alto reddito, circa il 75% del sale assunto proviene da alimenti trasformati e da pasti consumati fuori casa.
Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) consiglia di aumentare gli alimenti freschi nella dieta per ridurre l’assunzione di sale e, se si consumano alimenti lavorati, di cercare quelli con meno di 600 mg per porzione.
Sempre secondo il CDC, la ricerca mostra una forte relazione tra la quantità di sale consumata e l’aumento dei livelli di pressione sanguigna (BP), quindi per la maggior parte delle persone la riduzione dell’assunzione di sale si traduce in una riduzione della pressione sanguigna.
A livello globale, le persone consumano in media dai 9 ai 12 grammi di sale al giorno, circa il doppio della raccomandazione dell’OMS di 500 mg al giorno per la salute cardiovascolare.
Alcune persone sono in grado di espellere efficacemente un apporto di sale più elevato, che quindi non aumenta la loro pressione sanguigna. Tuttavia, per molte persone, le variazioni nell’assunzione di sale con la dieta possono causare aumenti o diminuzioni evidenti della pressione arteriosa. Queste persone sono dette sensibili al sale.
Secondo le stime dell’American Heart Association, la sensibilità al sale è presente in circa il 51% delle persone con ipertensione e nel 26% delle persone che non soffrono di pressione alta.
Gli uomini sotto i 65 anni hanno un rischio maggiore di ipertensione rispetto alle donne, ma per quest’ultime il rischio aumenta dopo la menopausa.
Secondo il Dr. Belin de Chantemèle, in base alle prove condotte sull’uomo e sugli animali da laboratorio, i reni femminili sono più efficienti a espellere il sale rispetto a quelli maschili, ma il problema a quanto pare riguarda i vasi sanguigni, perché il sale dovrebbe anche rilassarli ma non lo fa nelle persone sensibili al sale.
Quando i vasi sanguigni si rilassano e si espandono, la pressione sanguigna si riduce. Tuttavia, se i vasi sanguigni non si rilassano, la pressione aumenta. La dottoressa Belin de Chantemèle ha affermato dunque che in molte donne i vasi sanguigni non si rilassano rendendole inclini a variazioni della pressione sanguigna sensibili al sale.
“La SSBP (pressione sanguigna sensibile al sale) aumenta dopo la menopausa, il che potrebbe suggerire che gli ormoni sessuali femminili sono in realtà protettivi contro la SSBP, piuttosto che il fattore che rende le donne più sensibili al sale” afferma la dottoressa Meagan Williams, internista e direttrice del reparto Women’s Health dell’Harbor Health.
Ma potrebbe non essere solo l’estrogeno ad avere un effetto. La dottoressa Belin de Chantemèle ha evidenziato il ruolo di un altro ormone nella SSBP, ovvero l’aldosterone: “I dati dei nostri studi e della letteratura indicano l’incapacità delle donne di diminuire la produzione dell’ormone che trattiene il sale, l’aldosterone, che controlla anche la capacità dei vasi sanguigni di rilassarsi. Livelli impropri di aldosterone in risposta all’ingestione di sale sembrano ridurre la capacità dei vasi sanguigni di rilassarsi”.
É difficile formulare raccomandazioni per le donne sensibili al sale, tuttavia è importante che facciano attenzione all’apporto di sodio con la dieta e cerchino di ridurlo, consiglio valido per tutti.
Come spiega la dottoressa Belin de Chantemèle: “Le persone devono seguire le raccomandazioni dell’American Heart Association sul consumo di sale. Attualmente, la quantità media di sodio consumata al giorno è di 3,4 g, mentre l’AHA ne raccomanda 2,3 g, sapendo che la quantità ideale sarebbe di 1,5 g“.
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