Un’indagine ha evidenziato alcune criticità collegate all’utilizzo dei funghi medicinali commercializzati in Italia per la produzione di alcuni integratori. Lo studio, pubblicato su Nutrients, una delle riviste di salute e nutrizione più importanti, è stato condotto dalle ricercatrici delle università di Pisa, Bari, Bologna, Palermo e Torino, insieme all’Aoup, Azienda ospedaliera-universitaria pisana.
Grazie alla ricerca è stato possibile scoprire “diverse importanti non conformità nei 19 prodotti analizzati“. In particolare, “alcuni preparati contenevano una specie fungina diversa da quella indicata in etichetta; altri erano contaminati da micotossine con livelli superiori a quelli di legge; in altri casi, micoterapici della stessa tipologia hanno rivelato una concentrazione di principi attivi molto diversa, compromettendo l’efficacia terapeutica dei prodotti“.
“La maggior parte dei problemi riscontrati sono riconducibili al fatto che la coltivazione industriale di questi funghi con proprietà farmacologiche avviene in aree geografiche, come ad esempio la Cina, ancora caratterizzate da basso livello di qualità nei processi manifatturieri e tuttavia anche il controllo esercitato dagli importatori europei non appare del tutto efficace. In definitiva, la nostra ricerca ha messo in evidenza la necessità di una regolamentazione internazionale aggiornata e condivisa tra comunità scientifica ed enti di controllo, basata anche su opportuni programmi di monitoraggio della qualità dei materiali reperibili sul mercato. Il tutto al fine di proteggere la salute del consumatore e dare vita a forme di commercio strettamente vigilate“, afferma Cristina Nali, una delle ricercatrici.
Nel novembre 2022 , il congresso della Società italiana funghi medicinali, associazione scientifica con lo scopo di promuovere la ricerca sulla diffusione dei funghi medicinali, dei loro effetti sulla salute dell’uomo e delle applicazioni in campo medico, aveva stimolato “un fertile momento di confronto, dal quale sono emerse alcune priorità, a cominciare dalla esigenza di assicurare un costante e serio monitoraggio della qualità dei formulati micoterapici”, “infatti la presenza di contaminanti, come metalli pesanti e micotossine, oppure biologici, come microorganismi patogeni, nonché la mancanza di informazioni in merito alla purezza genetica del materiale presente nei formulati commerciali, sono tutti fattori preoccupanti connessi con il fatto che la produzione industriale dei microfunghi è concentrata in regioni orientali carenti dal punto di vista della qualità manifatturiera“, ha raccontato Nali dell’Università di Pisa.
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