L’influenza aviaria torna a far preoccupare esperti e scienziati dopo la segnalazione di numerosi casi rilevati tra i volatili e in alcune specie di mammiferi, in particolare tra i visoni. Secondo quanto emerso, il contagio è causato dal virus influenzale H5N1/HPAI, che ha un’alta capacità di causare la malattia. I focolai sono stati circoscritti grazie all’abbattimento degli animali negli allevamenti, ma le autorità sanitarie hanno deciso di intensificare i controlli. Al momento, questa diffusione tra i mammiferi non sarebbe un pericolo per gli esseri umani, ma il timore è che il virus possa sviluppare la capacità di trasmettersi in maniera più facile anche all’uomo.
I casi di influenza aviaria tra gli animali
Secondo quanto riportato dalla rivista Nature, lo scorso ottobre, in un allevamento di visoni in Galizia (Spagna) è stato trovato un virus appartenente alla famiglia 2.3.4.4b, con la mutazione T271A trovata nel gene PB2, responsabile dell’epidemia di aviaria in Europa. Il sequenziamento ha mostrato che gli animali sono stati infettati da una nuova variante del virus e che parte del materiale genetico è associabile a un ceppo in circolazione tra i gabbiani. I responsabili dell’allevamento sono stati costretti ad abbattere tutti i 51.986 visoni della fattoria. In passato anche nel New England è stata registrata un’altra epidemia tra mammiferi, che però riguardava le foche, mentre negli Stati Uniti, sono stati rilevati casi anche tra procioni, volpi, foche e orsi grizzly. In Francia, invece, il virus dell’influenza aviaria dall’estate 2022 ha costretto ad abbattere 4,6 milioni di polli. L’obiettivo è quello di riuscire a fermare il virus che circola tra gli animali selvatici ed evitare così che si verifichi il salto di specie: cioè che il virus acquisisca la capacità di contagiare nuove specie, tra cui l’uomo.
La diffusione del virus
Negli ultimi anni si sta assistendo a una crescita dei casi di aviaria, sia tra gli uccelli che tra i mammiferi, con l’aumento dei contagi causati dal virus H5N1. Scienziati e ricercatori hanno formulato alcune ipotesi circa le cause di questa diffusione. Secondo alcuni studi, il virus potrebbe aver subito mutazioni che lo hanno portato a modificare la sua capacità di replicarsi, favorendo così una sua più rapida diffusione. Un’altra ipotesi, invece, è quella che le mutazioni abbiano reso il virus in grado di infettare in maniera più facile specie di uccelli anche molto diverse tra loro, anche in questo caso il risultato sarebbe una più rapida capacità di diffusione del virus. Al momento i ricercatori stanno lavorando su entrambe le ipotesi.
Il contagio dell’uomo
In questi anni solo in rari casi si è assistito a contagi di influenza aviaria tra esseri umani, la maggior parte delle infezioni è avvenuta per contatto diretto con volatili infetti e superfici o materiali contaminati. I cibi e i prodotti dell’avicoltura non sono un fattore di rischio per l’essere umano, purché cotti in maniera adeguata. Gli scienziati, inoltre, hanno catalogato diversi sottotipi di virus aviari, ma solo quattro sono in grado di infettare gli uomini. Si tratta dei virus H5N1 (dal 1997), H7N9 (dal 2013), H5N6 (dal 2014) e H5N8 (dal 2016). Tra questi il virus H5N1 è il sorvegliato speciale a causa della sua capacità di murare in maniera rapida e di acquisire geni da virus in grado di infettare diverse specie animali. Il rischio, dunque, è proprio questo: che il virus continuando a mutare diventi in grado di infettare l’uomo, proprio per questo si rende necessario limitare il più possibile la circolazione di questo patogeno riducendo le possibilità di mutazione e di conseguenza il salto di specie.