In questo articolo scopriamo tutto ciò che c’è da sapere a proposito dell’aviaria, l’influenza che sta attirando l’attenzione negli Stati Uniti
L’influenza aviaria torna a fare paura. Le autorità sanitarie statunitensi, infatti, hanno annunciato il primo caso grave di influenza aviaria in un essere umano. Secondo quanto riportato dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il paziente è stato ricoverato in Louisiana dopo essere entrato in contatto con volatili infetti e carcasse di animali da cortile. In precedenza, negli Stati Uniti erano stati registrati 61 casi di aviaria, ma tutti di natura lieve. A seguito di questa evoluzione, lo stato della California ha deciso di proclamare lo stato di emergenza. Ma vediamo più nel dettaglio la situazione.
La California non è stata tra i primi stati a rilevare la presenza del virus dell’influenza aviaria H5N1 nei bovini da latte. Tuttavia, dalla scoperta iniziale di una mandria infetta alla fine di agosto, il dipartimento agricolo statale ha individuato il virus in 645 allevamenti lattiero-caseari, di cui circa la metà negli ultimi 30 giorni. La dichiarazione dello stato di emergenza consente alle autorità locali e statali di accedere a risorse aggiuntive per contrastare l’epidemia, come l’assunzione di personale e la stipula di contratti straordinari.
“La proclamazione rappresenta un intervento mirato per garantire che le agenzie abbiano la flessibilità e i mezzi necessari per rispondere rapidamente a questa crisi”, ha dichiarato il governatore Gavin Newsom. Pur sottolineando che il rischio per la popolazione generale rimane basso, Newsom ha ribadito l’impegno a contenere la diffusione del virus adottando tutte le misure necessarie.
Negli Stati Uniti è stato confermato il primo caso grave di influenza aviaria in un essere umano, un anziano residente della Louisiana attualmente in condizioni critiche. Le autorità sanitarie hanno annunciato che l’uomo, esposto a uccelli infetti e carcasse nei pressi del suo cortile, rappresenta il caso più grave registrato finora nell’epidemia del 2024. Questo porta a 61 il numero totale di infezioni rilevate nel Paese, con tutti gli altri pazienti che avevano manifestato sintomi lievi e si erano ripresi a casa.
La gravità di questo episodio ha suscitato allarme, richiamando l’attenzione su situazioni simili in altre nazioni. Lo scorso mese, un adolescente canadese è stato ricoverato per una grave infezione da H5N1. Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), l’uomo della Louisiana, che ha più di 65 anni e soffre di patologie pregresse, è stato colpito da una forma di malattia respiratoria severa legata al virus.
“Negli oltre 20 anni di esperienza globale con l’influenza aviaria H5, l’infezione è stata spesso associata a casi gravi, con un tasso di mortalità che ha raggiunto il 50% in alcune regioni”, ha dichiarato Demetre Daskalakis, alto funzionario dei CDC, durante una conferenza stampa.
Ma che cos’è esattamente l’influenza aviaria? Scopriamolo insieme.
L’influenza aviaria è una patologia infettiva e contagiosa che colpisce sia gli uccelli domestici che quelli selvatici, causando spesso gravi malattie e talvolta la morte degli animali colpiti. Il virus responsabile appartiene ai virus influenzali di tipo A, che possono infettare anche altre specie, inclusi gli esseri umani in determinati casi. Tra i ceppi più preoccupanti vi sono l’A/H5N1, noto per aver causato casi umani, anche letali, e l’H7N9, considerato altrettanto pericoloso.
Questi virus si distinguono per l’elevata capacità di mutazione e ricombinazione genetica, un fenomeno che consente loro di creare nuovi sottotipi virali. Negli ultimi anni, focolai di influenza aviaria sono stati rilevati in diverse aree del mondo, tra cui Asia, Africa e alcune parti d’Europa.
I rischi principali per la salute umana sono:
La maggior parte dei ceppi influenzali aviari non infetta l’uomo, ma alcuni sono zoonotici, ossia possono causare malattie umane. Tra questi, l’H5N1 è il più noto, attualmente endemico in alcune regioni dell’Asia e dell’Africa, dove è comunemente presente nel pollame.
A differenza dei virus dell’influenza stagionale, l’H5N1 non si trasmette facilmente da persona a persona. Dal primo caso umano segnalato nel 1997, il ceppo ha causato un tasso di mortalità vicino al 60% tra gli individui infetti. Dal 2011, il virus è stato dichiarato endemico in sei Paesi: Bangladesh, Cina, Egitto, India, Indonesia e Vietnam, sebbene focolai sporadici siano stati rilevati anche altrove.
Oltre all’H5N1, altri ceppi come l’H7N7 e l’H9N2 hanno infettato esseri umani. Questi casi, sebbene in gran parte lievi o asintomatici, hanno in alcuni casi portato a gravi complicanze o al decesso.
L’influenza aviaria è particolarmente diffusa tra gli uccelli acquatici selvatici, che fungono da serbatoio naturale del virus. Sebbene raramente mostrino sintomi, questi volatili possono trasmettere il virus al pollame domestico attraverso le feci e le secrezioni respiratorie, aumentando il rischio di contagio per gli esseri umani.
Il contagio umano può avvenire attraverso:
Il virus sopravvive a basse temperature, rimanendo attivo per oltre un mese a 0 gradi centigradi e per un periodo indefinito in materiale congelato. Tuttavia, il calore (almeno 70 gradi) durante la cottura degli alimenti lo distrugge efficacemente.
I sintomi dell’influenza aviaria variano e solitamente compaiono dopo un periodo di incubazione di 1-7 giorni. I disturbi più comuni sono:
Alcuni pazienti possono anche sperimentare nausea, vomito o diarrea. In altri casi, un’infezione lieve agli occhi (congiuntivite) può rappresentare l’unico segnale della malattia. Nei casi più gravi, l’infezione evolve in una malattia respiratoria severa, potenzialmente letale.
Le complicanze più serie includono:
Alcuni casi documentati, come quelli segnalati in Vietnam nel 2005, hanno mostrato che il virus può infettare anche il cervello e l’apparato digerente, ampliando il ventaglio delle possibili complicanze.
Per il trattamento e la prevenzione delle infezioni umane causate dal virus dell’influenza aviaria, si raccomanda attualmente l’utilizzo di oseltamivir o zanamivir. Le analisi condotte sull’H5N1 indicano che la maggior parte dei ceppi è sensibile a questi farmaci antivirali, classificati come inibitori della neuraminidasi. Questi medicinali riducono i sintomi di alcuni giorni e limitano la replicazione virale nelle cellule infette.
Tuttavia, sono stati documentati casi di resistenza ai farmaci in alcuni pazienti colpiti dal virus H5N1. Per ottenere la massima efficacia, oseltamivir e zanamivir devono essere somministrati entro 48 ore dalla comparsa dei primi sintomi, una condizione che può risultare complessa da gestire su scala globale in caso di una pandemia.
Ricerche in laboratorio suggeriscono che i medicinali approvati per il trattamento dei virus influenzali umani potrebbero offrire opzioni terapeutiche anche contro i virus dell’influenza aviaria.
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