Dopo l’epidemia di COVID-19 causata dal virus SARS-CoV-2, originatosi in Cina verso la fine del 2019, si profila un’altra sfida per la salute pubblica: la temibile malattia X. A questo proposito Tedros Adhanom Ghebreyesus, che oltre a essere il direttore generale dell’Oms è anche un biologo esperto in immunologia, ha lanciato l’allarme dichiarando che: “Il ciclo di panico e negligenza sta cominciando a ripetersi”, affermando, quindi, che gli stati del mondo non sono pronti a combattere nuove potenziali epidemie. Ma cos’è la malattia X? Ecco tutto quello che bisogna sapere.
Il termine “malattia X” identifica una condizione innescata da un potenziale agente patogeno attualmente non identificato, il quale, secondo quanto affermato dall’OMS, potrebbe risultare responsabile di un numero di decessi 20 volte superiore a quello causato dal Covid. Questa “malattia X” è stata inclusa nell’elenco delle malattie prioritarie dell’Agenzia delle Nazioni Unite nel 2018. Il nome segnaposto è stato adottato per garantire che gli sforzi di ricerca e sviluppo di contromisure siano sufficientemente adattabili a un agente patogeno sconosciuto.
Niente panico, quindi, la malattia, infatti, è solo ipotetica, e nessuna minaccia concreta (per quanto riguarda i virus) è presente in questi giorni nel mondo.
La malattia X, di conseguenza, indica la consapevolezza che una significativa epidemia globale potrebbe essere innescata da un agente patogeno attualmente non identificato, capace di provocare gravi conseguenze per noi esseri umani.
Dopo che è stata inclusa nell’elenco, Anthony Fauci, l’ex direttore dell’Istituto Nazionale di Allergia e Malattie Infettive degli Stati Uniti, ha spiegato che il concetto di patologia X avrebbe orientato gli sforzi di ricerca dell’OMS verso intere categorie di virus (come i virus del genere flavivirus, le cui varietà sono responsabili di diverse malattie infettive come Dengue e febbre del Nilo occidentale), anziché concentrarsi solo su specifici ceppi. Questo avrebbe migliorato la capacità dell’Oms di affrontare nuovi patogeni. Nel 2020, alcuni esperti, tra cui consulenti dell’Agenzia, hanno suggerito che il Covid, causato dal ceppo virale SARS-CoV-2, potesse essere considerato la prima malattia X della storia.
Ma esistono ipotesi su quale potrebbe essere in futuro la prossima malattia X? Gli studiosi non hanno ancora identificato quale virus potrebbe provocare la prossima pandemia. Alcuni ricercatori ritengono che tra i patogeni a rischio per la salute umana ci sia il virus dell’influenza aviaria, un agente patogeno che persiste nel causare morte tra milioni di uccelli e che minaccia anche diverse specie di mammiferi, come orsi grizzly, foche, visoni e volpi. La probabilità di una diffusione agli esseri umani è amplificata dalla notevole capacità di ricombinazione dei virus influenzali, che possono facilmente miscelare il loro materiale genetico con quello di virus influenzali capaci di infettare le persone.
Alcuni studiosi, invece, suggeriscono che la futura patologia X potrebbe derivare da agenti patogeni capaci di compiere il salto di specie (spillover) dal regno animale all’uomo, oppure da batteri dotati di resistenza ai trattamenti farmacologici e agli antibiotici attuali. C’è anche l’ipotesi di antiche specie microbiche inumate nei ghiacciai, potenzialmente liberate a causa del riscaldamento globale causato dai cambiamenti climatici. Questa crisi ci espone già a un maggiore rischio di malattie trasmesse da vettori come le zanzare, agevolando la proliferazione e la diffusione degli agenti patogeni e dei loro portatori in contesti ambientali in cui, in passato, le condizioni climatiche non favorivano la loro crescita e diffusione.
Kate Bingham, una investitrice britannica che ha guidato la task force sui vaccini del Regno Unito da maggio a dicembre 2020, avverte che non dovremmo abbassare la guardia solo perché il Covid è ormai considerato “in gran parte una malattia di routine“. “Mettiamola così – ha spiegato Bingham al Mail Online – la pandemia influenzale spagnola del 1918-1919 ha causato la morte di almeno 50 milioni di persone in tutto il mondo, il doppio di quelle uccise nella prima guerra mondiale. Oggi, potremmo prevedere un numero di vittime simile causato da uno dei molti virus già esistenti. Attualmente, ci sono più virus che si replicano e mutano attivamente rispetto a tutte le altre forme di vita sul nostro pianeta combinate. Non tutti rappresentano una minaccia per gli esseri umani, ovviamente, ma molti lo fanno”.
La dottoressa ha rivelato che gli scienziati sono a conoscenza di 25 famiglie di virus, ciascuna delle quali comprende migliaia di singoli virus con il potenziale di evolversi in una pandemia. Inoltre, si stima che ci siano circa un milione di altri virus ancora da scoprire, che potrebbero trasmettersi da una specie all’altra e avere la capacità di causare la morte di milioni di esseri umani. “In un certo senso – ha continuato l’investitrice – siamo stati fortunati con il Covid, nonostante abbia causato oltre 20 milioni di morti in tutto il mondo. Il punto è che la stragrande maggioranza delle persone infettate dal virus è riuscita a riprendersi. La malattia X è altrettanto contagiosa del morbillo, con un tasso di mortalità simile a quello dell’Ebola (67%). In qualche parte del mondo si sta replicando e, prima o poi, qualcuno comincerà a sentirsi male”.
Durante il suo recente intervento al World Government Summit di Dubai, il ricercatore etiope Ghebreyesus ha enfatizzato che la società globale non è adeguatamente preparata per affrontare la minaccia rappresentata dalla malattia X. Questa mancanza di preparazione risulta evidente considerando le dure lezioni apprese durante la pandemia che ora sta per entrare nel suo quinto anno. In un tono quasi profetico, sei anni fa, lo stesso scienziato aveva previsto che il mondo non era pronto per affrontare una pandemia, sottolineando la possibilità che una tale emergenza potesse verificarsi in qualsiasi momento. Purtroppo, questa previsione si è avverata poco dopo. Oggi ci troviamo di fronte alla stessa situazione critica. La distruzione degli habitat naturali continua, avvicinando sempre di più l’uomo alla fauna selvatica. I mercati umidi, noti per essere luoghi di contatto diretto tra esseri umani e animali (sia selvatici che domestici) potenzialmente portatori di agenti patogeni, non sono stati ancora chiusi. Gli allevamenti intensivi, che spesso favoriscono il salto di patogeni tra specie diverse, persistono, aumentando il rischio di una nuova zoonosi. Questa serie di fattori ci avvicina sempre di più alla possibilità di un’eventuale malattia X, che potrebbe rivelarsi molto più grave della pandemia da Covid-19.
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