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I superbatteri più pericolosi per l’uomo: ecco quali sono

Ci sono dei superbatteri molto pericolosi per l’uomo. Come, ad esempio, l’Acinetobacter baumannii, che può sopravvivere nell’ambiente per lunghi periodi (anche fino a 30 giorni), sia su superfici umide che asciutte, ed è ritenuto pericoloso soprattutto negli ospedali. Ma ce ne sono altre, vediamo quali.

Enterobacteriaceae

Sono responsabili di infezioni sistemiche, infezioni intestinali ed extraintestinali (principalmente urinarie). L’Oms mette in guardia in particolare dalle due famiglie di Enterobacteriaceae resistenti agli antibiotici della classe delle cefalosporine di terza generazione e ai carbapenemi.

Batteri | pixabay @geralt

Mycobacterium tuberculosis

È responsabile della tubercolosi nell’uomo. Viene trasmesso attraverso l’aria espirata: le goccioline rimangono sospese nell’aria per diverse ore e possono trasmettere l’infezione quando inalate da altri.

Salmonella

È la principale causa di malattia per l’uomo trasmessa da alimenti contaminati (carne, uova e latte consumati crudi o non pastorizzati) e da acque non potabili. Il principale serbatoio dell’infezione è l’apparato gastrointestinale di vari animali e dell’uomo.

Shigella

Negli individui immunodepressi, la shigellosi può rivelarsi fatale. L’ingestione di un numero anche esiguo di batteri è sufficiente per provocare la malattia, soprattutto nei bambini piccoli. La trasmissione dell’infezione avviene mediante contaminazione fecale dei cibi e dell’acqua.

Enterococcus faecium

Si trova nelle feci dell’uomo e di molti animali ed è responsabile di infezioni del tratto urinario, setticemie, endocarditi, diverticoliti, meningiti, soprattutto negli individui immunocompromessi. L’infezione può essere trasmessa da uomo a uomo, oppure attraverso strumenti, alimenti o acque contaminati.

Pseudomonas aeruginosa

Ha una buona capacità di sopravvivere in diverse condizioni ambientali, inclusi gli ambienti ospedalieri. Nelle persone sane, Pseudomonas aeruginosa può colonizzare la pelle, l’orecchio esterno, le vie respiratorie superiori o l’intestino.

Neisseria gonorrhoeae

Viene trasmesso per via sessuale e causa la gonorrea (che colpisce le vie uretrali nell’uomo e le vie uro-genitali nella donna), che rappresenta una delle malattie sessualmente trasmesse più diffuse al mondo. Può essere asintomatica, soprattutto nelle donne, ma può anche evolvere e complicarsi causando batteriemie e sterilità.

Staphylococcus aureus

È presente sulla cute e sulle membrane mucose di molte persone sane. Talvolta può causare infezioni locali della pelle, ma anche infezioni più gravi. Alcuni ceppi di questo batterio hanno sviluppato una resistenza agli antibiotici beta-lattamici, tra cui le penicilline.

Streptococco di gruppo A

È presente in gola e sulla pelle. Nella maggior parte dei casi scatena sintomi di lieve entità, ma a volte può essere associato a malattie gravi e pericolose. L’infezione si trasmette per contatto diretto con le secrezioni provenienti dalla gola o dal naso di individui infetti o con lesioni cutanee infette.

Streptococcus pneumoniae

Può dare luogo a malattie non invasive (otite media acuta, bronchite, congiuntivite, sinusite), così come a patologie invasive (sepsi, meningite, endocardite, batteriemia, artrite, osteomielite e peritonite), anche se il batterio è patogeno soprattutto nei soggetti immunodepressi.

Batteri | pixabay @qimono

Haemophilus influenza

Se ne conoscono vari tipi: il B è il più diffuso e colpisce prevalentemente neonati e bambini di età inferiore ai due anni. In alcuni casi l’infezione può evolvere in forme gravi: meningite, epiglottite, polmonite, artrite e cellulite infettiva (infezione acuta del tessuto connettivo posto sotto la cute).

Streptococco di gruppo B

Si tratta di un batterio che può infettare a qualsiasi età, ma che può scatenare malattie piuttosto pericolose nei neonati. Il 25% circa delle donne sono portatrici dello Streptococco di gruppo B a livello del retto o della vagina; per questo durante la gravidanza (in genere tra la 35ma e la 37ma settimana) è necessario sottoporsi a un test per valutarne la presenza.

Redazione Saluteweb

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