Nuove speranze per i pazienti colpiti da gliomi cerebrali, tumori che hanno origine in alcune particolari cellule del sistema nervoso centrale. Una ricerca condotta a livello internazionale, con la partecipazione della sezione neuro-oncologia universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, svela una nuova molecola che potrebbe fare la differenza in termini di successo delle cure.
Le conclusioni tratte nel corso dello studio Indigo, basato su una sperimentazione a fase tre, sono stati presentati in anteprima nei giorni scorsi in sessione plenaria all’American Society of Clinical Oncology (Asco) a Chicago e pubblicati sul New England Journal of Medicine.
L’effetto della nuova molecola, il vorasidenib, sulla crescita tumorale e le speranze per i pazienti
L’importante studio ha coinvolto 331 pazienti, tra 16 e 71 anni di età, provenienti da diversi Paesi del mondo. Ha quindi concluso che il nuovo farmaco sperimentato, a bersaglio molecolare, è capace di rallentare la crescita tumorale dei gliomi cerebrali. Funziona, in particolare, nei pazienti con glioma di grado 2 con mutazioni Idh, presenti in più di 8 pazienti su 10. In parole povere, agisce efficacemente su tumori cerebrali di basso grado e a crescita lenta, consentendo di posticipare le classiche cure, come la radio e la chemioterapia, che comportano importanti effetti collaterali.
Il glioma, che si manifesta soprattutto in età pediatrica (10 casi all’anno in Italia) e nei pazienti giovani tra i 20 e i 40 anni, insieme al glioblastoma è tra i tumori cerebrali più temuti e complicati da trattare. Nonostante non rientri nelle categorie delle neoplasie maligne, si infiltra molto rapidamente nel tessuto nervoso sano rendendo impossibile la rimozione chirurgica radicale.
Ecco perché la nuova molecola apre la strada a nuove possibilità di cura. Può essere assunta per via orale ed è ben tollerata dai pazienti che l’hanno sperimentata. Aiuta inoltre a ridurre efficacemente le eventuali crisi epilettiche che spesso colpiscono i pazienti con tumori cerebrali. Il farmaco, in via di approvazione, agisce prendendo di mira le mutazioni genetiche dei geni IDH1 e IDH 2. Come spiegato da Giuseppe Lombardi, neuro-oncologo presso l’Istituto Oncologico Veneto (Iov) di Padova, uno dei 5 centri italiani che hanno preso parte alla sperimentazione internazionale:
“Questi due geni sono stati identificati meno di 10 anni fa e regolano il metabolismo cellulare. Quando sono alterati, viene prodotto un enzima IDH ‘sbagliato’ che interferisce con alcuni meccanismi promuovendo la proliferazione cellulare. Aumenta, infatti, la sintesi di un onco-metabolita, il 2-HG (2-idrossiglutarato) che favorisce la crescita tumorale. Il nuovo farmaco agisce bloccando gli enzimi IDH alterati e impedisce loro di innescare questa cascata di eventi”.
I risultati della ricerca, come sottolineato dal primo autore Ingo Mellinghoff del Memorial Sloan Kettering Cancer Center:
“Rappresentano un significativo passo avanti nel trattamento e hanno il potenziale per rivoluzionare la cura di questa malattia”.
Per vedere la molecola in utilizzo su larga scala saranno necessarie le consuete tempistiche dell’iter regolatorio, a cui seguirà l’approvazione delle autorità registrative negli Usa e in Europa.