È capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di udire un suono che in realtà non è presente. È un evento molto comune chiamato fischio nell’orecchio, o acufene, che interessa nel mondo 750 milioni di persone.
I suoni percepiti con l’acufene sono solitamente squilli, ronzii, sibili, rombi, stridii, fischi e simili. L’intensità è variabile e in alcuni casi possono essere continui, intermittenti o addirittura a tempo col battito cardiaco. Ma essendo un disturbo così comune, quando è opportuno rivolgerli a uno specialista?
“Il mio consiglio è non trascurare il fischio all’orecchio, specialmente se persistente e non occasionale; se non sparisce entro 72 ore, è bene rivolgersi allo specialista che potrà così suggerire il trattamento migliore ed evitare che il disturbo diventi cronico“. Lo ha riferito la dottoressa Arianna di Stadio, docente di Otorinolaringoiatria all’Università di Catania e ricercatrice onoraria presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del Queen Square Neurology di Londra, in occasione della Giornata mondiale dell’udito, che si celebra oggi, 3 marzo, facendo il punto sui sintomi di questo disturbo. “La percezione dei suoni e della voce è un processo complesso che inizia nell’orecchio. Le cellule dell’orecchio una volta stimolate da un suono, ad esempio un clacson, si muovono generando un impulso nervoso che arriva al cervello dove poi il clacson viene identificato. Nel caso dell’acufene manca lo stimolo uditivo esterno e le cellule si muovono da sole generando questi suoni fantasma“, ha spiegato Di stadio, per poi sottolineare: “Questa motilità senza stimolo è indicativa della sofferenza della cellula, può manifestarsi in seguito ad un trauma acustico, come primo segno di presbiacusia (fenomeno fisiologico dell’invecchiamento dell’udito) e in varie altre condizioni che alterano il micro-ambiente dell’orecchio. Questo fenomeno è però transitorio, infatti le cellule o recuperano il loro benessere o muoiono e l’acufene sparisce“.
L’esperta ha invitato, inoltre, a non sottovalutare questi eventi quando sono persistenti, perché potrebbero essere spia di malattie neurodegenerative che hanno come sintomo proprio l’acufene, come la sclerosi multipla. Ma non solo. Quando l’acufene è persistente è opportuno recarsi da uno specialista, perché, come ha sottolineato la dottoressa, questa persistenza può essere causata “dall’infiammazione dell’area uditiva nel cervello (neuro-infiammazione) a seguito dello stimolo periferico proveniente dall’orecchio“. Esistono diversi metodi per trattare il problema in base alla sua origine. Nel caso di un problema legato all’invecchiamento, per esempio, possono essere prescritti degli integratori; mentre se il danno è causato dall’esposizione cronica ai rumori si possono utilizzare delle protezioni uditive. Quando, invece, il problema è di origine centrale “innanzitutto occorre escludere i problemi neurologici legati alla Sclerosi Multipla – sappiamo infatti che alcune malattie, come la sclerosi multipla, possono dare come sintomo l’acufene – poi si può trattare il problema usando metodologie in grado di contrastare la neuro-infiammazione“, ha sottolineato di Stadio. “Attualmente stiamo studiando una serie di molecole anti-neuroinfiammazione per trattare i pazienti che presentano un acufene persistente (oltre i 6 mesi)”, ha concluso l’esperta.
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