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Cura di sé

Erbe medicinali e officinali, quali sono le più utili?

Le piante officinali e medicinali, ricche di principi attivi curativi, rappresentano una risorsa preziosa per il benessere e la salute dell’uomo. Queste piante, coltivate o talvolta presenti in natura, vengono utilizzate in varie forme, tra cui tisane e preparazioni erboristiche, per garantire benefici terapeutici.

Nell’antichità la conoscenza delle virtù delle piante era fondamentale per la pratica medica, essendo l’unico mezzo disponibile per la cura delle malattie.

Le piante officinali, impiegate nelle officine degli speziali, erano oggetto di studio per gli artigiani che ne conoscevano le proprietà curative e le tecniche di preparazione. Questi preparati venivano utilizzati per creare rimedi medicamentosi, cosmetici e profumi.

Ad oggi le erbe officinali trovano impiego nel mantenimento del benessere umano attraverso la produzione di tisane, integratori alimentari e farmaci vegetali.

Erbe medicinali e officinali, qual è la differenza?

È importante distinguere le piante medicinali da quelle officinali: le prime contengono sostanze utilizzabili per scopi terapeutici o preventivi, mentre le seconde possono essere lavorate e somministrate per il benessere, ma non necessariamente contengono principi attivi curativi.

L’elenco delle piante officinali e medicinali ammesse per l’uso umano è soggetto a regolamentazioni, varie da Paese a Paese, in base alla sicurezza e all’efficacia d’uso, aggiornato periodicamente secondo le nuove evidenze scientifiche.

erbe medicinali e officinali, qual è la differenza? | pexels @nataliyavaitkevich – saluteweb.it

Stabilire un elenco completo di tutte le piante officinali e medicinali risulta praticamente impossibile, dato che esistono centinaia di specie utilizzate per trattare una vasta gamma di disturbi, tra cui insonnia, ansia, problemi digestivi, dolori mestruali e influenza, solo per citarne alcuni.

In erboristeria, queste piante vengono utilizzate per produrre una vasta gamma di rimedi, come integratori alimentari, utilizzando la parte della pianta che contiene il maggior numero di principi attivi, nota come droga.

Questa può essere costituita da foglie, fiori, semi, corteccia o radici. La droga non contiene un singolo principio attivo, ma un complesso di molecole che lavorano sinergicamente per produrre gli effetti desiderati, rendendo il rimedio naturale meno tossico e con meno effetti collaterali rispetto ai farmaci sintetici.

Per mantenere intatto il fitocomplesso e ridurre gli effetti collaterali, in erboristeria si tende a utilizzare la pianta nella sua interezza, piuttosto che isolare singoli principi attivi. Questo approccio garantisce una maggiore efficacia e sicurezza nei trattamenti erboristici.

Tali prodotti naturali comprendono non solo tisane, ma anche tinture madri, estratti fluidi e molli, così come estratti secchi disponibili in capsule o compresse, e oli essenziali.

Le piante officinali possono essere raccolte allo stato spontaneo, ma in molti casi vengono coltivate. Questa pratica consente di controllare meglio le condizioni ambientali che influenzano la crescita e lo sviluppo della pianta, e quindi il contenuto dei principi attivi. La durata e le modalità della coltivazione variano a seconda del tipo di pianta: vi sono piante officinali perenni, annuali e biennali.

Solitamente, le piante officinali e medicinali vengono conservate essiccate, al riparo da luce, calore e umidità, all’interno di barattoli ermetici. Questa pratica è estesa anche alle preparazioni ottenute dalle piante, al fine di preservare l’integrità delle droghe.

Infine, parliamo del ruolo storico che hanno avuto le erbe e le piante officinali: hanno infatti una lunga storia che risale ai tempi antichi, poiché uno dei primi documenti medici occidentali è il Papiro di Ebers, datato intorno al 1500 a.C nel quale sono descritti numerosi rimedi vegetali. Gli Egizi, ad esempio, utilizzavano ampiamente le erbe aromatiche nelle pratiche di mummificazione.

Nell’antica Grecia, le conoscenze sulle piante officinali si svilupparono in sinergia con le teorie mediche e filosofiche, come dimostrato dai testi di Ippocrate e di Teofrasto. Il trattato di botanica farmacologica di Dioscoride, De Materia Medica, fu un’opera fondamentale che influenzò la pratica medica per secoli.

Durante il Medioevo, gli Arabi fecero importanti contributi all’alchimia e alla chimica, introducendo la distillazione delle erbe e sviluppando farmacopee dettagliate. La Scuola Medica Salernitana si distinse per la sua competenza nella selezione e nell’uso delle erbe medicinali.

La nascita della botanica scientifica avvenne nel Cinquecento, con la classificazione sistematica delle piante da parte di Carl von Linné. Nel Settecento, Pietro Andrea Mattioli arricchì la conoscenza delle erbe officinali con il suo lavoro pionieristico, “Discorsi”, basato sulle opere di Dioscoride.

Con la sintesi di molecole attive in laboratorio, la fitoterapia e l’omeopatia divennero i principali campi di applicazione delle erbe e piante officinali nella terapia medica moderna.

Tuttavia, la ricerca botanica e la chimica delle piante continuano a contribuire alla nostra comprensione delle sostanze naturali utilizzate storicamente dall’uomo.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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