In questo articolo andiamo a scoprire tutto ciò che c’è da sapere a proposito di un tipo di mal di testa invalidante: l’emicrania
L’emicrania rappresenta la seconda patologia più invalidante a livello globale, coinvolgendo oltre un miliardo di individui, tra cui circa 6 milioni solo in Italia. La sua incidenza è nettamente superiore nelle donne, con un rapporto di tre a uno rispetto agli uomini. Inoltre, le donne tendono a sperimentare episodi più frequenti, di maggiore intensità e durata. Nella sua forma cronica, questa condizione interessa tra l’1% e il 2% della popolazione mondiale. Si tratta, quindi, di una patologia che è necessario conoscere, anche per capire come affrontarla. Vediamo tutto ciò che c’è da sapere a riguardo.
L’emicrania rientra tra le diverse tipologie di cefalee e può essere identificata attraverso alcune caratteristiche distintive. Solitamente colpisce un solo lato della testa (anche se non esclusivamente), si manifesta con un dolore intenso, pulsante e debilitante, e tende a peggiorare con il movimento. Può presentarsi con o senza aura, un fenomeno che precede o accompagna l’attacco emicranico. L’aura si manifesta attraverso sintomi visivi, come improvvisi lampi di luce (scotoma scintillante), visione offuscata in uno o entrambi gli occhi, oltre a formicolio agli arti, tensione al collo e difficoltà nel linguaggio. Durante un attacco, circa il 70% delle persone colpite riferisce un’incapacità totale di svolgere qualsiasi attività, mentre il 60% vive con la costante preoccupazione di una possibile ricomparsa dei sintomi.
L’emicrania è determinata da un complesso meccanismo fisiopatologico in cui riveste un ruolo chiave una proteina, il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP). Questa sostanza è responsabile della dilatazione dei vasi sanguigni e della modulazione del segnale doloroso all’interno del sistema nervoso. Durante un attacco emicranico, i livelli di CGRP aumentano in modo significativo, contribuendo all’intensità del dolore.
Le cause specifiche di questa patologia non sono ancora del tutto comprese, ma si ritiene che diversi fattori concorrano alla sua insorgenza. Tra questi, un ruolo determinante è attribuito alla predisposizione genetica, all’influenza di fattori ambientali, alla presenza di patologie sistemiche e alle variazioni ormonali. Alcune ricerche scientifiche hanno inoltre evidenziato un legame tra l’emicrania e alterazioni biochimiche a livello cerebrale, che interferiscono con la trasmissione dei segnali nervosi.
In alcuni casi, è stata osservata una possibile correlazione tra l’insorgenza degli attacchi e il consumo di determinati cibi o bevande. Tuttavia, fattori come stress, disturbi del sonno, cambiamenti climatici, utilizzo di alcuni farmaci e condizioni fisiche particolari sembrano avere un impatto più significativo. Inoltre, la familiarità gioca un ruolo importante: se in famiglia sono presenti casi di emicrania ricorrente, il rischio di sviluppare la stessa condizione aumenta sensibilmente.
I sintomi dell’emicrania si suddividono in due fasi principali: quelli preliminari, che si manifestano prima dell’attacco (fase prodromica), e quelli acuti, che accompagnano l’episodio doloroso vero e proprio.
Uno o due giorni prima dell’attacco possono comparire:
L’intensità e la durata dei sintomi variano da persona a persona. In genere, l’episodio dura dalle 4 alle 72 ore e può includere:
Dopo la fine dell’episodio doloroso, si verifica una fase di recupero caratterizzata da:
È ora disponibile una terapia profilattica innovativa e mirata per la gestione dell’emicrania. Si basa sull’utilizzo di anticorpi monoclonali come Erenumab, Galcanezumab e Fremanezumab, che agiscono bloccando il processo di vasodilatazione responsabile dell’insorgenza della crisi. Questo trattamento preventivo prevede un’iniezione sottocutanea mensile, contribuendo a ridurre la frequenza degli attacchi e il ricorso ai farmaci utilizzati nella fase acuta. Questi farmaci si distinguono per un’elevata efficacia e minori effetti collaterali rispetto alle terapie preventive tradizionali.
In alcuni casi, agli anticorpi monoclonali può essere affiancata la tossina botulinica, utile soprattutto nella gestione dell’emicrania cronica. Questa sostanza può anche essere impiegata come trattamento autonomo e viene somministrata attraverso iniezioni localizzate in punti specifici di testa e collo, seguendo un protocollo ospedaliero con una cadenza trimestrale.
Prima di avviare un trattamento preventivo, è fondamentale individuare ed eliminare i possibili fattori che possono innescare o aggravare la patologia. Questi possono includere elementi ambientali, alimentari, psicologici, farmacologici e legati allo stile di vita o all’attività lavorativa.
Chi soffre di emicrania dovrebbe adottare abitudini quotidiane equilibrate, tra cui:
Questi accorgimenti possono contribuire a migliorare la qualità della vita e a ridurre la frequenza degli episodi emicranici.
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