Effetto Zeigarnik: al nostro cervello non piace lasciare le cose a metà

Vi è mai capitato di chiedervi perché non riuscite e dimenticare il vostro ex? Lo spiega l’effetto Zeigarnik

Il nostro cervello non ama le opere lasciate a metà o i compiti incompiuti: l’essere umano è “programmato” per portare a termine ciò che comincia e quando questo non è possibile, come nel caso di una rottura con l’ex fidanzato, si crea come un messaggio di errore in quanto l’azione (in questo caso il proseguimento della relazione) rimane incompiuta e lasciata a metà.

Questo fa in modo che il nostro cervello ci ripresenti più volte la questione e la sottoponga alla nostra soglia attentava anche quando vorremmo semplicemente andare oltre e non pensarci più.

In questo articolo approfondiremo questo meccanismo, chiamato effetto Zeigarnik e scopriremo quali altre ripercussioni ha sulla nostra dimensione psicologica.

La scoperta dell’effetto Zeigarnik

La psicologa lituana Bluma Zeigarnik durante una serata al ristorante, rimase stupita dalla capacità di un cameriere di ricordare a memoria un numero impressionante di ordinazioni.

L’aspetto interessante però era che il cameriere, una volta che portava al tavolo i piatti, dimenticava ciò che aveva appena servito ai commensali, mentre ricordava a distanza di tempo le ordinazioni in sospeso o lasciate a metà.

Bluma Zeigarnik decise di approfondire in laboratorio questa capacità mnemonica e le sue intuizioni si dimostrarono fondate: quando un compito non viene portato a termine, si va a creare uno stato mentale di tensione che impedisce di cominciare un nuovo compito.

In poche parole, quando pianifichiamo un’attività il cervello manda dei segnali simili a messaggi ansiogeni affinché non ci dimentichiamo che si trova ancora nella nostra To Do List, l’unico modo per andare oltre è completare il compito o “scrivere” comunque la parola fine.

Come concludere un compito quando non dipende da noi

Tornando all’esempio della fine della relazione con un ex, in questo caso la conclusione non dipende da noi e può essere complicato scrivere la parola fine a qualcosa che non è sotto il nostro controllo ma riguarda anche altre persone.

Per poter porre fine all’effetto Zeigarnik e possibilmente voltare pagina senza pensieri intrusivi o messaggi ansiogeni si può ricorrere a:

  • Accettazione: decidere consapevolmente di andare oltre, elaborare la rottura con maggiore fermezza e decisione, può aiutare a interrompere il processo mentale che ci induce a voler portare a termine ciò che abbiamo cominciato.
  • Chiusura senza nodi: invece di evitare il confronto, meglio chiudere ogni capitolo e sciogliere ogni nodo, in modo tale che il nostro cervello abbia ulteriori input per considerare quel “lavoro” ormai chiuso. Ad esempio, avere una questione in sospeso o irrisolta potrebbe aumentare la sensazione di non aver portato a termine un compito.

L’effetto Zeigarnik nella vita quotidiana

Viviamo molto spesso l’effetto Zeigarnik nella nostra vita di tutti i giorni. Ecco degli esempi concreti che vi sarà sicuramente capitato di vivere almeno una volta:

  • Non riuscire a smettere di canticchiare una canzone: quando ascoltiamo una canzone a metà, che magari stanno passando in radio, il nostro cervello continuerà a proporcela finché non la ascolteremo per intero, riuscendo a dare pace alla nostra mente che proprio non sopporta le cose lasciate a metà.
  • Continuare a pensare ad un finale aperto: la tecnica del finale aperto o del plot twist a fine puntata, sono delle strategie molto forti in ottica storytelling televisivo che fanno in modo che gli spettatori continuino a pensare cosa mai potrebbe essere successo ai protagonisti, inducendoli a rimanere in attesa della puntata successiva o del seguito del film.

    Questo capita perché la nostra mente lo vede un compito rimasto a metà perché non abbiamo ottenuto le risposte che volevamo dalla sceneggiatura.

    Disegno cartelli to be continued
    Il finale in sospeso genera l’effetto Zeigarnik – Unsplash – saluteweb.it
  • Essere multitasking: nessuno di noi lo è davvero e il motivo è proprio l’effetto Zeigarnik. Il nostro cervello non può svolgere più azioni contemporaneamente perchè per natura deve portare a termine quella attuale o precedente prima di cominciarne una nuova. Ecco quindi che il multitasking in realtà è un task-switching, ovvero il terminare velocemente un compito e cominciarne immediatamente un altro.

Conseguenze negative dell’effetto Zeigarnik

Questo meccanismo mentale ovviamente ha delle conseguenze che possono portare ad ansia e stress elevati.

Se ad esempio ci poniamo degli obiettivi irrealistici o particolarmente ambiziosi, il nostro cervello continuerà a stimolarci per raggiungerli e questo potrebbe, a lungo andare, provocare ansia, stress, depressione e mancato senso di atuoefficacia: avere la sensazione di non riuscire a raggiungere un obiettivo e avere il cervello che costantemente ci ricorda che dobbiamo farlo può diventare deleterio per il benessere psicologico.

In questo caso si può andare a scomporre l’obiettivo in sotto-obiettivi più raggiungibili, che in qualche modo possono andare a mitigare l’effetto incalzante della nostra mente.

Un altro effetto negativo può esser l’insonnia: sapere di non aver portato a termine tutte le attività che ci eravamo prefissati durante la giornata, potrebbe indurre il nostro cervello a continuare a mandarci messaggi di errore per non aver fatto ciò che dovevamo, il risultato? Una notte insonne a pensare a cosa dovremo fare il giorno dopo e a sentirci in colpa per ciò che non siamo stati in grado di concludere.

Per ovviare al problema si può optare per delle tecniche di meditazione o rilassamento prima di andare a dormire o fornire degli input differenti alla mente prima di coricarci, ad esempio leggere un libro o guardare una film (possibilmente auto-conclusivo e a finale chiuso).

L’utilità del secondo cervello

Secondo l’autore Tiago Forte, un buon modo per alleggerire il carico psicologico dell’effetto Zeigarnik è quello di avere un secondo cervello, ovvero un quaderno, un calendario, un’agenda o qualsiasi cosa che ci ricordi cosa dobbiamo fare.

ragazza con tazza di tè scrive lista di cose da fare
Segnare ciò che si deve fare o concludere aiuta a ridurre l’effetto Zeigarnik – Unsplash – saluteweb.it

Ora penserete: “In che modo può aiutarmi scrivere ciò che devo fare se è proprio quello il problema del mio disagio?” In realtà, vedere scritte nero su bianco le attività da portare a termine, aiuta il cervello ad alleggerirsi, come se si sentisse autorizzato a non dovervi continuamente ricordare cosa avete in sospeso da fare proprio perché ve lo siete segnati.

 

Saper scrivere la parola fine può essere complicato, come anche gestire pensieri intrusivi che portano con loro un forte carico emotivo. Ecco perché un percorso di terapia può essere una buona dea: per riuscire a cominciare un nuovo capitolo della vita bisogna fare punto e a capo e ricominciare da zero, e in questo un professionista può decisamente essere d’aiuto.

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