Un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute for Metabolism Research ha dimostrato, attraverso uno studio poi pubblicato sulla rivista “Cell Metabolism”, che nel cervello di topi messi a dieta i circuiti cerebrali cambiano, in particolare in un’area dell’ippocampo che controlla la fame. È verosimile che questi dati possano spiegare, almeno in parte, il temuto effetto yo-yo dopo le diete. Vediamo meglio lo studio e i risultati a cui ha portato.
Con la dieta i segnali in arrivo ai neuroni del cervello aumentano la loro intensità. In questo modo, nel momento in cui si torna a mangiare in modo normale rispetto alla dieta, il senso di fame torna più forte di prima e spinge a mangiare di più recuperando in fretta il peso perduto. “Si tratta di una plasticità neuronale e di un cambiamento nei segnali nervosi che comportano una fame prolungata e maggiore”, hanno affermato gli autori dello studio. Questo meccanismo prende il nome di “effetto yo-yo”. Il cervello influenza moltissimo le possibilità di successo di una dieta e spiega, per esempio, perché quasi tutti si fanno convincere a provare i regimi alimentari drastici.
I piani dietetici che non sono né flessibili né variegati, a prescindere dall’effetto che risulta essere spesso negativo sull’organismo, sono, infatti, un “antistress” per il cervello, che in ogni momento deve prendere numerose decisioni. Eliminando possibilità di scelta, seguire le diete sembra più semplice, quindi le diete drastiche, al pensiero, è più facile. Lo è però solo all’inizio, perché, con il passare del tempo, gli alimenti vietati diventano sempre più irresistibili. Inoltre, le regole più rigide e complicate da rispettare portano a un senso di fallimento se si cede alla tentazione o, al contrario, a sviluppare l’ossessione dell’evitamento a tutti i costi dei cibi non concessi.
Se non si riesce a gestire tutto lo stress derivante da queste diete si sviluppa la “pressione psicologica da dieta”, che porta alla nascita di meccanismi che portano a un aumento notevole della fame che però, stando a dieta, si tende a ignorare o sopprimere. Alla fine di questi meccanismi, quindi, c’è un aumento del rischio di non saper rispondere più bene allo stimolo della fame e diventare incapaci di ascoltare i segnali del corpo: aumenta così la probabilità di lasciarsi andare al cosiddetto “emotional eating”, con cui si soddisfa un bisogno emotivo più che una reale necessità di cibo, e di essere più vulnerabili agli stimoli ambientali che portano a mangiare più di quanto il corpo chiede.
Con le diete rigide, inoltre, è più alto anche il pericolo di abbuffate compulsive: in chi è a dieta stretta le aree cerebrali della ricompensa sono molto più attive rispetto al normale di fronte al cibo spazzatura o a pietanze che consideriamo “golose”. Tutti questi motivi favoriscono l’effetto yo-yo e il recupero dei chili persi.
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