La nostra quotidianità ormai scorre velocemente e anche tutti noi viviamo in un’epoca di tempi veloci, anche troppo veloci. A volte siamo costretti ad adeguarci a questo ritmo, anche se non vogliamo. Un esempio? Arriva un messaggio sul nostro smartphone e ci si sente obbligati a rispondere subito perché viviamo in un’epoca nel quale ormai tutti (o quasi, ma è comunque la stragrande maggioranza) sono connessi e chi, invece, deve ricevere la risposta è sempre più impaziente. Uno studio del dicembre 2022 aveva rivelato che lo stress generato dalle e-mail “colpisce psicologicamente i dipendenti e le persone a loro vicine”. Un esempio? Se di domenica sera (o comunque in qualsiasi altro giorno della settimana) arriva una notifica sul proprio smartphone, magari un’e-mail dal lavoro (magari inviata dal capo). Anche se quella e-mail non è urgente e, quindi, non riceve risposta, chi non l’ha ricevuta non se la toglierà dalla mente. “Se il lavoro è l’ultima cosa a cui qualcuno pensa prima di andare a dormire, probabilmente c’è qualcosa che non va”, ha detto William Becker, professore alla Virginia Tech University e coautore dello studio che ha esaminato l’effetto delle e-mail sul benessere delle persone e dell’ambiente che lo circonda.
Lo stress da e-mail ha un nome ed è e-anxiety. I ricercatori, dello studio datato dicembre 2022, hanno intervistato più di 400 dipendenti in diversi settori lavorativi confermando che un controllo eccessivo della posta elettronica durante le ore non lavorative “è dannoso per il benessere e le relazioni” e costituisce un allarme rosso, “ma anche solo pensarci è in sé dannoso”. Perché “vedere il proprio capo controllare sempre la posta elettronica, sapendo che poi la invierà nel fine settimana o di notte, crea aspettativa. Quindi, non importa quale sia la politica aziendale o la legge” perché “se senti la pressione del tuo capo, questa avrà la precedenza su tutto il resto”, ha continuato Becker. Perciò l’effetto negativo di tutto ciò si trasmette inevitabilmente al partner o ai figli in quanto l’interessato “non riesce a liberarsi completamente dal lavoro”. E ciò accade più frequentemente durante il tempo libero o mentre si stanno svolgendo impegni personali o familiari. “Interruzioni o distrazioni che aumentano nel dipendente conflitto e sensazione d’ansia” che si riverberano nell’ambiente intorno.
Esiste un rimedio. Gli esperti concordano sul fatto che la velocità delle risposte sul lavoro fa parte della “cultura dell’immediatezza” dei nostri tempi. Quindi, il rimedio consiste nel regolare la percezione dell’urgenza. È fondamentale imparare a distinguere tra “urgente e importante” e stabilire atteggiamenti che modulino il comportamento, “come scegliere razionalmente il momento della risposta, dosare l’accesso alle applicazioni e analizzare domanda e aspettative”. Un rapporto elaborato dalla società Fremap, che ha analizzato 380mila assenze per malattia su un campione di tre milioni di persone, ha mostrato che tra il 2015 e il 2021 l’incidenza media dei processi di invalidità temporanea dovuta a disturbi mentali e comportamentali (Tmc) è aumentata del 17% per tutte le fasce di età. Se si ignora l’impatto del Covid-19, nel 2021 “le malattie mentali sono poi state la causa della richiesta del 15% dei giorni di riposo”, la seconda causa più rappresentativa solo dietro i disturbi muscolo-scheletrici. Tutto ciò, oltre agli effetti sulle persone, pesa anche sui conti delle aziende: i processi di invalidità temporanea hanno causato in Spagna “un costo medio salariale e contributivo di 2.053,36 euro a congedo nel 2021”, sempre secondo lo stesso rapporto.
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