Chi sono esattamente le persone affette dalla disposofobia? Letteralmente dei sepolti in casa, sommersi da oggetti di qualsivoglia natura – ed è ciò che li distingue dai collezionisti -.
Infatti, a differenza di questi ultimi, il soggetto disposofobico accumula oggetti in maniera disorganizzata e ha difficoltà a separarsi dalle cose di scarso valore.
Il medico solitamente pone la diagnosi del disturbo quando il soggetto accumula molti beni, ha grandi difficoltà a separarsene ed è angosciato in modo significativo e impedito nelle sue attività quotidiane a causa dell’accumulo. Vediamo dunque che cos’è, quali sono i sintomi e le sue possibili cause scatenanti
Il disturbo da accumulo – disposofobia – è caratterizzato dall’acquisizione eccessiva di oggetti e, conseguenzialmente dall’incapacità di gettarli via.
Gli oggetti in questione sono i più disparati: dai giornali agli indumenti, dai rifiuti a vecchi contenitori di cibo. La difficoltà nel buttarli via può portare a ingombrare significativamente gli spazi di casa, fino a ostacolare le normali attività quotidiane come cucinare, pulire e alcune volte anche dormire.
Inoltre le grandi quantità di oggetti possono minacciare la salute e, soprattutto, la sicurezza di chi vive in casa o nei pressi di essa, poiché possono verificarsi incendi, cadute e anche malattie, dal momento che il più delle volte l’accumulo porta a delle condizioni igieniche scarse nelle quali le persone disposofobiche vivono.
Da non sottovalutare è sicuramente il progressivo isolamento al quale queste persone vanno incontro in conseguenza della vergogna che provano nell’invitare ospiti nella propria abitazione e, in molti casi, si creano conflitti con i familiari e con i vicini.
Nella disposofobia il soggetto ha un bisogno impellente di acquisire e conservare oggetti, e prova una forte angoscia quando se ne deve separare o solo al pensiero, prima o poi, di doverlo fare.
L’accumulo può essere anche di animali: il soggetto tiene con sé animali da compagnia in quantità superiori allo spazio disponibile e al cibo e alle cure veterinarie che può dare a essi.
Gli animali quindi vivono in condizioni di igiene scarsa, in spazi angusti e possono ammalarsi e/o perdere del peso. Molti soggetti affetti da disposofobia non ammettono di non prendersi cura in maniera corretta degli animali, anche se sono molto affezionati a loro e darli via è fuori da ogni questione. Senza trattamento, i sintomi di solito perdurano per tutta la vita, senza cambiamenti sostanziali.
Ad oggi non è ancora chiaro che cosa provochi la disposofobia, ma sembra che genetica, biochimica del cervello e lo stress possano favorirne le manifestazioni.
C’è da specificare inoltre che il disturbo da accumulo può colpire chiunque, indipendentemente dall’età, dal sesso o dalla condizione economica.
La disposofobia inizia a manifestarsi intorno all’età tra gli 11 e i 15 anni e tende a peggiorare nel corso del tempo, anche se il disturbo in sé è più comune negli anziani che negli adulti più giovani.
Può essere un fattore di rischio la personalità dell’individuo, poiché molte persone con questo disturbo hanno un temperamento timido e insicuro, ma ha un ruolo anche la predisposizione familiare: se un membro della famiglia presenta disposofobia, è più probabile sviluppare il disturbo.
Gli eventi stressanti, come detto precedentemente, hanno sicuramente un ruolo rilevante nell’innescare il disturbo, come la morte di una persona cara, il divorzio, lo sfratto o la perdita di beni in un incendio. Nell’accumulatore seriale il fatto di avere con sé tutti questi oggetti può avere un effetto rassicurante.
Il disturbo dell’accumulo può presentarsi, talvolta, anche come un sintomo di un altro disturbo di natura psichiatrica e neurodegenerativa.
Sono diverse le condizioni patologiche che possono produrre difficoltà nell’organizzazione e l’accumulo compulsivo è spesso associato a un disturbo della personalità, ma può essere correlato anche a disturbi ossessivo-compulsivi, depressione, deficit di attenzione/iperattività (ADHD), psicosi e infine demenza.
Ma come bisogna trattare il disturbo da accumulo? Di per sé è molto complesso, soprattutto perché si prevede una grossa parte di lavoro direttamente a casa del paziente, poiché molti di loro non riconoscono l’impatto negativo di tale problematica sulla loro vita o non credono di avere bisogno di cure.
I principali interventi per gestire la disposofobia sono la psicoterapia combinata con il trattamento farmacologico. Infatti la terapia cognitivo-comportamentale è la forma più comune di psicoterapia usata per aiutare i pazienti a superare il disturbo da accumulo.
Nel percorso terapeutico occorre intervenire sulla correzione delle abilità deficitarie di organizzazione dei propri bene per poter aiutare il paziente nella decisione di quali oggetti dover scartare; inoltre è anche importante capire il motivo per cui ci si sente in dovere di accumulare.
Per quanto riguarda i farmaci, si è avuto un certo successo nella riduzione dei sintomi negativi con l’assunzione di antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI).
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