Sembra che consumare cibi ad alto contenuto di grassi saturi e zucchero possa compromettere in modo irreversibile la trasmissione dei segnali che costruiscono la memoria. Questo è quanto sostiene un nuovo studio pubblicato su Brain Behavior and Immunity, e ripreso dal Corriere della Sera, fatto sui topi. Non può essere applicato in modo diretto agli esseri umani, ma serve per fare chiarezza su alcuni processi fisiologici. Così i ricercatori del Dipartimento di Scienze Biologiche dell’University of Southern California di Los Angeles hanno cercato di capire quali potessero essere i danni alla memoria in topi nutriti fin dalla più tenera età con una dieta cosiddetta “western” e in seguito hanno analizzato le cause di questo processo.
In questo studio un gruppo di topi è stato alimentato con una dieta che prevedeva accesso senza limiti a vari alimenti ad alto contenuto di grassi e zuccheri dai 26 ai 56 giorni di età (un periodo parallelo all’adolescenza umana), mentre un altro gruppo topi ha mangiato totalmente sano. Ed ecco i risultati: i roditori costretti a seguire una dieta malsana non riuscivano a identificare nuovi oggetti in una scena che avevano esplorato giorni prima o se un oggetto familiare si fosse mosso leggermente, mentre il gruppo di controllo riusciva.
Ed ecco spiegato il motivo. Sempre come riporta il Corriere della Sera, gli scienziati hanno evidenziato – nei topi che mangiavano cibi spazzatura – livelli ridotti di una proteina che trasporta l’acetilcolina (un neurotrasmettitore) nell’ippocampo, una regione del cervello che aiuta a consolidare i ricordi e le informazioni spaziali. Questa riduzione della proteina altera il messaggio neurotrasmettitore causando le prestazioni scarse nei compiti di memoria. Le capacità di memoria sono tornate quando i ricercatori, decidendo di fare la prova inversa, hanno somministrato ai topi farmaci che spingono le cellule dell’ippocampo a rilasciare l’acetilcolina. Da questo studio si evince, quindi, come le prestazioni di memoria non dipendono da altri fattori. E significa che la dieta nei primi anni di vita potrebbe avere effetti critici e duraturi sulla funzione neurale, indipendentemente dall’obesità.
Però, lo studio ha dei limiti. In primis i risultati di questi studi sugli animali non possono tradursi anche negli esseri umani. In secondo luogo, la dieta modellata non consente di determinare quali specifici componenti dietetici o macronutrienti possano dare origine agli effetti osservati. In terzo luogo, alcune differenze tra i generi devono ancora essere spiegate e risolte. Infine, è difficile distinguere l’influenza del consumo di cibi grassi e zuccherati in adolescenza sulla funzione cerebrale nella vita adulta. Da questo (e altri) studi emerge che gli alimenti comuni nelle diete occidentali spesso influenzano la memoria, anche se mangiati occasionalmente. I topi dell’esperimento ne sanno qualcosa. Ed è sempre più evidente dalle ricerche scientifiche che ci sia una precisa relazione tra alcuni stili di vita e il rischio di andare incontro con l’età a un deterioramento psichico. La buona notizia è che solitamente l’effetto protettivo dei corretti stili di vita si estende anche a coloro che possono avere una predisposizione genetica verso la demenza. Una migliore alimentazione aiuta a prevenire la demenza, quella basata sui principi della dieta mediterranea).
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