Il diabete di tipo 2 è comune in tutto il mondo e ad oggi i ricercatori stanno ancora lavorando per comprendere appieno i fattori di rischio e come le persone possano ridurre al meglio il loro rischio apportando modifiche al proprio stile di vita.
Recentemente uno studio pubblicato sulla rivista PLOS Medicine esamina l’aderenza alla dieta mediterranea e l’incidenza del diabete di tipo 2.
I ricercatori hanno studiato come specifici biomarcatori nel sangue possano essere utilizzati per misurare il grado di aderenza alla dieta mediterranea.
Sulla base delle loro misurazioni, i ricercatori hanno riferito che seguire una dieta mediterranea potrebbe contribuire a ridurre il rischio di diabete di tipo 2, affermando inoltre che l’uso di biomarcatori nel sangue può contribuire a ridurre il rischio di diabete e che è possibile utilizzarli come strumento di misurazione per aiutare le persone a rispettare i loro piani dietetici.
La dieta mediterranea è un’opzione che può offrire alcuni benefici, poiché si concentra su fonti di nutrienti a base vegetale e limita il consumo di alimenti trasformati.
“La dieta mediterranea consiste in alimenti di origine vegetale come verdure, fagioli, noci e semi, frutta e cereali integrali. Altre fonti alimentari sono il pesce e i frutti di mare… I latticini includono yogurt e formaggio. La carne rossa e gli zuccheri concentrati o il miele sono consumati raramente. Seguire questo schema alimentare ha mostrato benefici nel ridurre il rischio di diabete, abbassare la glicemia a digiuno, ridurre l’A1c, abbassare i livelli di trigliceridi e ridurre gli eventi cardiovascolari” afferma Angela Ginn-Meadow, dietista registrata.
Precedenti ricerche hanno indicato che la dieta mediterranea può ridurre il rischio di diabete di tipo 2, tuttavia una delle difficoltà di queste ricerche è che spesso si basano sull’autodichiarazione dei partecipanti circa l loro abitudini e scelte alimentari.
Perciò i ricercatori del nuovo studio volevano trovare un modo più obiettivo per esaminare l’aderenza a una dieta mediterranea: così hanno creato un sistema di punteggio basato su diversi componenti delle analisi del sangue di una persona.
“Il nostro obiettivo era sviluppare un punteggio di biomarcatore nutrizionale basato sul sangue che potesse indicare oggettivamente il consumo della dieta mediterranea e verificare la sua associazione con il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2” afferma Nita Gandhi Forouhi PhD, autrice dello studio e professoressa presso l’Università di Cambridge.
Per creare il punteggio del biomarcatore, i ricercatori hanno utilizzato i dati di uno studio specifico in cui i partecipanti seguivano componenti di una dieta mediterranea o la loro dieta abituale.
In base ai livelli di alcuni elementi nel sangue dei partecipanti, carotenoidi e acidi grassi, i ricercatori hanno dichiarato di poter distinguere con una certa precisione chi seguiva la dieta mediterranea e chi invece continuava a seguire una dieta normale.
Successivamente i ricercatori hanno esaminato la corrispondenza tra i punteggi dei biomarcatori e il diabete di tipo 2.
“Abbiamo applicato il punteggio biomarcatore in uno studio che comprendeva 9.453 persone che hanno sviluppato il diabete di tipo 2 e un gruppo di riferimento di 12.749 persone rimaste senza diabete di tipo 2 durante il periodo di follow-up dello studio EPIC-InterAct in otto Paesi europei. – afferma Nita Gandhi Forouhi – “Abbiamo scoperto che più alto è il livello del punteggio del biomarcatore, più basso è il rischio di diabete di tipo 2 di nuova insorgenza. Ciò si è verificato anche dopo aver tenuto conto di una serie di altri fattori che possono aver influenzato i risultati, come l’età, il sesso, i livelli di attività fisica, l’abitudine al fumo, l’indice di massa corporea e la circonferenza vita”.
In base alle loro analisi, i ricercatori hanno riferito che una maggiore aderenza alla dieta mediterranea era associata a una riduzione del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 dell’11% circa.
Pur offrendo una visione unica di come la dieta mediterranea possa influenzare il rischio di diabete di tipo 2, lo studio presentava alcuni limiti.
In primo luogo c’era un certo rischio di errori nella misurazione dei biomarcatori nutrizionali. I ricercatori hanno anche rilevato la possibilità di confusione residua e il fatto che non è chiaro come il punteggio dei biomarcatori si allinei specificamente con la dieta mediterranea.
Tra gli altri fattori, vi sono le limitazioni derivanti dal modo in cui i ricercatori hanno raccolto i dati e condotto la ricerca, comprese le limitazioni basate sui partecipanti che hanno abbandonato lo studio e sul modo in cui i ricercatori hanno creato il punteggio del biomarcatore.
Lo studio si è inoltre concentrato su partecipanti provenienti da Paesi europei, indicando forse la necessità di una maggiore diversità in futuro.
“Una questione irrisolta e da affrontare è quanto i punteggi dei biomarcatori possano essere specifici per particolari diete. Attualmente non è noto in che misura il nostro punteggio biomarcatore sia un indicatore distinto dell’aderenza alla dieta mediterranea o sia più ampiamente indicativo di una dieta sana, e se i fattori al di là dell’assunzione di cibo, come l’assorbimento e il metabolismo dei nutrienti, influenzino significativamente i suoi livelli. Queste lacune nella comprensione possono essere affrontate con ricerche future che mirano a rispondere a queste domande specifiche” afferma Nita Gandhi Forouhi.
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