La depressione è uno dei disturbi più diffusi al Mondo e la cui cura è tra le più urgenti.
Ogni anno, a livello globale, viene registrato un tasso sempre più alto di persone depresse e di suicidi, motivo per cui è diventato fondamentale trovare un rimedio a questa malattia.
Per agire in maniera efficace bisogna però comprenderne prima le cause.
Per questo, un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Science potrebbe rivelarsi un valido alleato nella battaglia contro la depressione.
La depressione è un disturbo dell’umore che rende triste chi ne soffre.
Non va confusa con il sentimento di tristezza, in quanto la depressione è un disturbo decisamente più profondo e grave, che finisce con l’avere un’influenza sulla propria percezione di se stessi, sul modo di pensare e di agire.
Se trascurata, può peggiorare nel tempo e durare più a lungo, modificando lo stile di vita di chi ne è affetto.
Perciò, è bene non sottovalutare la depressione e provare a studiarne le cause scatenanti, visto che sempre più giovani e adulti negli ultimi anni soffrono di questo disturbo.
Pubblicato sulla rivista Science, lo studio effettuato dagli scienziati del Wertheim UF Scripps Institute for Biomedical Innovation & Technology di Jupiter, in Florida, potrebbe spiegare quali sono le cause biologiche alla base della depressione.
I ricercatori hanno, infatti, scoperto che la glicina (un amminoacido comune) può fornire un segnale di rallentamento al cervello, aiutando ad alleviare i disturbi prodotti da uno stato depressivo.
Una scoperta che, secondo il neuroscienziato autore dello studio, il Dottor Kirill Martemyanov, potrebbe migliorare la comprensione della cause biologiche della depressione e accelerare gli sforzi utili a sviluppare nuove cure e nuovi farmaci.
Come indicato da Martemyanov, attualmente la maggior parte dei farmaci utilizzati per curare le persone affette da depressione impiegano settimane prima di produrre i primi effetti e, talvolta, risultano addirittura inutili.
Per questo, insieme a un team di studenti e ricercatori post-dottorato, il neuroscienziato della Jupiter ha provato a esplorare una nuova via, cercando di comprendere in che modo i sensori presenti sulle cellule celebrali ricevono e trasmettono i diversi segnali alle cellule stesse.
Secondo gli scienziati del centro di ricerca statunitense, è qui, infatti, che potrebbero risiedere le cause alla base della depressione.
Lo studio portato avanti dal team della Jupiter è iniziato nel 2018, quando gli scienziati hanno scoperto che un ricettore, chiamato GPR158, era coinvolto direttamente nella depressione indotta dallo stress.
Eseguiti degli esperimenti su delle cavie da laboratorio, il team di esperti ha, infatti, constatato che i topi che non possedevano il gene per il recettore si dimostravano più resistenti allo stress cronico.
Partendo da ciò, gli scienziati hanno allora iniziato a studiare il ricettore in questione, riuscendo a risolverne la struttura nel 2021 e constatando che il recettore GPR158 presentava una forma molto simile a qualcosa che avevano già visto all’interno di alcuni batteri, ma mai nelle cellule umane.
A seguito di questa scoperta, il recettore GPR158 è stato ribattezzato come mGlyR (sigla che sta per: recettore metabotropico della glicerina) e tolto dall’elenco dei recettori orfani, ovvero di quelli ancora da indagare.
Grazie a questi studi, il team guidato da Martemyanov ha quindi potuto osservare come la glicina possa fornire un segnale di rallentamento al cervello, contribuendo ad alleviare stati di depressione, ansia o sbalzi d’umore in alcune persone.
Presente in diversi integratori alimentari, i quali dovrebbero migliorare l’umore, la glicina può, infatti, colpire differentemente le cellule presenti nel corpo umano, inviando ad alcune segnali eccitatori e ad altre segnali di rallentamento.
Per questo, continuare a studiare il recettore GPR158 e l’azione della glicina potrebbe aiutare a trovare nuove fondamentali risposte nella cura alla depressione.
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