La demenza senile identifica alcune patologie caratterizzate dalla perdita delle funzioni mentali e di autonomia nelle persone anziane. Oggi non si parla di più di demenza senile perché anche se la maggior parte dei casi riguardano persone in età anziana, lo sviluppo di demenza non è considerabile un processo naturale né tanto meno fisiologico come potrebbe suggerire, al contrario, l’aggettivo senile. La forma più comune – ed è circa il 60% dei casi – è rappresentata dalla demenza da Alzheimer (circa il 60% dei casi) seguita dalla demenza da cause vascolari. Ma di cosa si parla, quando si utilizza la parola demenza? Si utilizza quando nascono dei deficit cognitivi multipli manifestati con deficit di memoria; una o più altre alterazioni cognitive (del linguaggio, delle funzioni motorie, delle funzioni esecutive, come pianificare, organizzare, ordinare in sequenza, astrarre).
Questa è una domanda frequente nei pazienti. La malattia di Alzheimer è la forma di demenza più comune e si distingue dal MCI (declino cognitivo lieve), la progressiva ma limitata perdita di memoria dovuta all’età, in quanto vengono conservate funzioni cognitive e una completa autosufficienza. Le cause, purtroppo, non sono state completamente identificate e colpisce le fasce d’età più avanzate. Infatti, inizia a riscontrarsi un incremento dei casi a partire dai 70 anni e un picco di incidenza superati gli 80 anni. Il sesso femminile è maggiormente colpito rispetto a quello maschile, forse per ragioni ormonali. In Italia si riscontrano 80 mila nuovi casi l’anno. Certo, ci sono dei fattori di rischio, che è possibile suddividere tra quelli che sono sotto il nostro controllo (modificabili) e quelli invece su cui non esista possibilità di intervento (non modificabili).
Quelli non modificabili sono l’età, la familiarità, le sindromi progeroidi, la genetica e la presenza di amilosi a livello cerebrale. Invece, tra quelli modificabili ci sono diabete, ipertensione (occorre prestare grande attenzione al controllo della pressione arteriosa soprattutto a partire dai 50 anni), obesità, dislipidemie, fumo, sedentarietà, ripetuti traumi cranici, deficit neurosensoriali (riduzione dell’udito, della vista), bassa riserva cognitiva, abuso di alcol, dieta scorretta. In tutte le sue forme si vanno a distinguere tre stadi.
Il primo è l’esordio: è quello iniziale in cui cominciano a manifestarsi i primi sintomi della patologia (difficoltà di memoria a breve termine, sporadici cambiamenti di personalità, difficoltà di concentrazione, mancanza di iniziativa e passività). Il secondo è quello intermedio e in questo stadio si accentuano i sintomi comparsi nel precedente stadio e se ne aggiungono di nuovi. Infine, lo stadio finale, che rappresenta lo stadio terminale in cui il paziente appare totalmente estraniato dalla realtà che lo circonda. Si ha una totale perdita delle funzioni cognitive; incapacità di riconoscere le persone care e gli affetti; incapacità di prendersi cura di sé, di bere, di mangiare, di lavarsi; incontinenza vescicale ed intestinale; difficoltà di deglutizione.
Per le cure è importante inquadrare bene il tipo di demenza, se è vero infatti che nella maggior parte dei casi si tratta di patologie neurodegenerative incurabili, in una piccola percentuale di casi (ad esempio nelle demenze da stati carenziali o da agenti tossici) la condizione può regredire parzialmente o anche totalmente. La terapia farmacologica che si usa nel trattamento delle demenze, soprattutto per quella di Alzheimer, è sintomatica con l’obiettivo di ridurre i disturbi cognitivi con una durata d’azione breve (circa 1-3 anni). Per la prevenzione bisogna fare affidamento ad attività fisica e attività ricreative; migliorare le proprie abitudini alimentari; consumare alcol in maniera moderata.
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