Nella settimana 20-26 giugno si sono registrati 2.504 nuovi casi rispetto ai 2.085 della settimana 13-19 giugno. Sono cresciuti i tamponi, da 77.305 a 79.276, e il tasso di positività: dal 2,7% al 3,2%
In Italia i casi di Covid sono in leggero aumento. Questo è quanto dice l’ultimo bollettino pubblicato sul sito del ministero della Salute: nella settimana 20-26 giugno si sono registrati 2.504 nuovi casi rispetto ai 2.085 della settimana 13-19 giugno. Sono cresciuti i tamponi, da 77.305 a 79.276, e il tasso di positività: dal 2,7% al 3,2%. L’indice di trasmissibilità Rt è a quota 1,15, leggermente sopra la soglia epidemica. “L’impatto sugli ospedali è irrilevante”, ha commentato Francesco Vaia, Direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, ripreso dal Corriere della Sera. Dati alla mano, infatti, l’occupazione dei posti letto in area medica resta stabile pari a 1,2% (751 ricoverati), così come l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,3%. I decessi salgono da 14 a 21.
Numeri che rappresentano una fotografia parziale dei contagi. Infatti, i test di positività al Covid vengono fatti quasi solo in ospedale o da pochi volontariamente. Ed è caduto ogni obbligo di protezione e anche i test rapidi, per chi li fa, possono non dare subito il risultato di positività: ai primi sintomi possono risultare negativi. Ormai la popolazione ha raggiunto una certa immunità e il virus replica meno velocemente. E ci vuole più tempo perché nell’organismo venga raggiunta una carica virale tale da essere rilevata al primo test.
Detto questo, il virus circola sempre, anche nei mesi caldi. Cosa che, invece, non accade per l’influenza. “Il Covid resterà con noi con un andamento altalenante perché la gran parte dei soggetti ha un’immunità ibrida: ha subito precedenti infezioni o si è vaccinata – le parole al Corriere della Sera di Fabrizio Pregliasco, professore Associato di Igiene Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario Irccs Galeazzi, Milano –. Questo virus non ha stagionalità. Circa ogni 4-6 mesi subentra una variante immuno-evasiva e quindi capace di capace di contagiare le persone, nonostante in passato siano state vaccinate o malate (sei mesi è il tempo di efficacia medio sia della guarigione che dell’ultimo richiamo vaccinale)”. Al momento in Italia la variante JN.1 si conferma predominante.
Ora, però, come possono proteggersi i fragili? Ad autunno sono attesi i nuovi vaccini e saranno aggiornati alle nuove (non nuovissime) varianti: in Ue l’Agenzia europea del farmaco Ema ha dato il via libera al vaccino anti-Covid di Pfizer e BioNTech aggiornato alla variante JN.1. Il vaccino sarà raccomandato per l’uso dai 6 mesi di vita in su.
“Per chi è a rischio ma può aspettare sarebbe meglio fare il vaccino insieme all’antinfluenzale, così avrà il vaccino aggiornato alla variante JN.1. Per chi l’ha fatto da almeno tre mesi e si trova ora in una situazione particolarmente difficile (pensiamo ai trapiantati o ai malati di tumore) su giudizio del medico curante può fare un richiamo anche adesso, in attesa dell’autunno-inverno, proprio perché il Covid non è stagionale e può circolare”, ha concluso il professor Pregliasco. Giusto ricordare che la vaccinazione Covid-19 riduce anche la possibilità di subire gli effetti del Long Covid.
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