In passato vi abbiamo parlato di quei sintomi generali che possono indicare una carenza di vitamine. Oggi entriamo, invece, più nello specifico e ci focalizziamo sulla carenza di vitamina D.
Una condizione che potrebbe portare a vivere una situazione di disagio e che è sempre bene prevenire.
Cerchiamo, allora, di capire meglio di cosa si tratti e cosa fare per provare a mantenere sempre i giusti livelli di vitamina D.
Vitamina D, a cosa serve?
A prescindere dal nome con il quale viene indicata, la vitamina D non è propriamente una vitamina in senso stretto.
Essa, a differenza delle altre, non necessita di essere introdotta nel nostro organismo per forza attraverso la dieta, bensì viene sintetizzata principalmente tramite l’esposizione ai raggi del sole.
Per questo, è più corretto dire che la vitamina D è un pre-ormone, il cui compito primario è quello di regolare il metabolismo del calcio e del fosforo, di cui favorisce l’assorbimento a livello intestinale e ne riduce l’escrezione attraverso le urine.
Come abbiamo già analizzato in un approfondimento precedente, la vitamina D si trova in due forme: la vitamina D2 e quella D3.
Essa si attiva grazie a due idrossilazioni (come avviene tipicamente per i pre-ormoni), ovvero attraverso due reazioni enzimatiche, la prima delle quali avviene a livello del fegato e la seconda a livello dei reni.
La vitamina D agisce, poi, anche sullo scheletro, promuovendone la crescita fisiologica e aiutandone il costante rimodellamento. Due funzioni fondamentali al fine di garantire proprietà strutturali, elasticità e forza dell’osso.
Diversi studi hanno, inoltre, evidenziato come la vitamina D svolga pure un nutrito numero di funzioni fisiologiche extra-scheletriche, mentre ancora in fase di ipotesi sono le sue possibili funzioni pleiotropiche (che coinvolgono sistema nervoso centrale, cardiovascolare, immunitario e crescita cellulare).
La carenza di vitamina D
Per via delle numerose funzioni sopra citate, è importante che la vitamina D non sia carente nell’organismo umano.
Una condizione difficile da diagnosticare, se non attraverso esami del sangue.
Essi aiutano a capire se un soggetto presenti o meno una carenza di vitamina D, i cui normali valori per una persona adulta in salute oscillano tra i 30 e i 100 ng/ml.
Una carenza si riscontra quando tale valore è al di sotto dei 20, mentre è definita grave carenza la condizione in cui un soggetto abbia valori di vitamina D inferiori a 10 (tra 20 e 30 si considera, invece, insufficienza).
Tra le categorie più a rischio di sviluppare una carenza di vitamina D rientrano sicuramente gli anziani, la cui capacità di sintesi cutanea è ridotta rispetto alle persone più giovani (ricordiamo che la vitamina D si integra principalmente attraverso la sintesi dei raggi solari sulla pelle).
Altri soggetti a rischio sono quelli che presentano una inadeguata esposizione al sole, oltre che le persone dalla pelle scura, la quale riduce l’assorbimento dei raggi ultravioletti.
A manifestare una carenza di vitamina D potrebbero, poi, essere più facilmente anche le donne in stato di gravidanza o allattamento, le persone che soffrono di obesità e quelle che hanno patologie dermatologiche estese quali psoriasi, dermatite atopica, vitiligine e ustioni.
Come sottolineato dai medici dell’Humanitas, anche i pazienti con malattie intestinali sono tra i soggetti più a rischio, così come quelli che soffrono di osteoporosi, osteopenia, patologie renali ed epatiche e quelli che assumono farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D.
A tutte queste categorie si consiglia sempre di monitorare periodicamente i propri livelli di vitamina D, rivolgendosi a un medico specialista nel caso in cui si presentasse la necessita di assumere degli integratori.
Come prevenire i rischi?
Al fine di mantenere un livello adeguato di vitamina D, i medici indicano come sufficiente un’esposizione alla luce solare di circa il 25% della superficie corporea per almeno 15 minuti per due/tre volte alla settimana, tra marzo e novembre.
Nei mesi invernali, l’intensità dei raggi del sole è insufficiente a convertire il precursore in vitamina D e, per questo, l’esposizione solare per molti soggetti potrebbe non bastare.
In questo caso, si consiglia sempre di consultare un medico, il quale potrà indicare eventualmente gli integratori da assumere o la dieta da seguire (la quale comprende solitamente pesci grassi come il salmone, il tonno, lo sgombro o il tuorlo d’uovo, la crusca, l’olio di fegato di merluzzo).
Sottolineiamo come sia gli integratori che le diete non debbano mai essere assunti o iniziate senza aver prima consultato un medico specialista, in quanto si potrebbe incorrere in danni ancora più gravi.